Come non condividere la parole di Francesco Ferrini, agronomo dell’Università di Firenze ed esperto di arboricoltura, circa la necessità di migliorare l’efficacia dei progetti di riforestazione urbana. Se nel 2022 si apprende come gli obbiettivi di tutela e valorizzazione del verde nel PNRR siano stati raggiunti con la piantumazione di 1,8 milioni di nuovi alberi piantati in 11 Città Metropolitane d’italia, resta il dubbio su quanti, dei nuovi alberi, riusciranno a sopravvivere.

A Imola abbiamo avuto l’esempio del bosco urbano di Via San Benedetto. Molti dei 150 alberelli non hanno sopportato il caldo canicolare della scorsa estate. Non sufficientemente annaffiati, sono risultati quasi tutti da sostituire. Mentre “bosco autodromo”, realizzato in prossimità di un’area di pertinenza fluviale, in Via Graziadei, è uscito provato dalla piena del Santerno del 3 novembre scorso, con molti alberi danneggiati, come mostrano le fotografie.

Secondo il tema della riforestazione urbana, il prof.Ferrini ha spiegato a Sapere Ambiente come sia “cruciale pianificare la sopravvivenza di questi alberi” – come ad esempio – “una selezione accurata delle specie da piantare, adatte alle condizioni locali di clima, suolo e disponibilità d’acqua” – e poi, il tema cruciale – “serve un accurato piano di monitoraggio, per valutare crescita e sopravvivenza delle piante, e di gestione. Soprattutto all’inizio le piante hanno bisogno di cure adeguate, come irrigazione e protezione contro gli animali. È una visione a lungo termine che spesso manca nelle iniziative di riforestazione, usate più come spot elettorali, e la Giornata nazionale degli alberi da questo punto di vista dove segnare l’inizio di un cambiamento.” Inoltre, occorre valutare i rischi che possono crearsi senza le valutazione adeguate, che possono andare dallo “spreco di fondi e risorse vegetali per realizzare i progetti. Grave se pensiamo che in Italia abbiamo anche un problema a trovare le giovani piante, con i vivai che non riescono a produrne a sufficienza. Dall’altra parte si rischia poi di causare un danno ambientale diretto. I progetti di riforestazione hanno un impatto iniziale di emissione di carbonio, che con la morte delle piante non verrebbe compensato.”

Inoltre” – conclude l’agronomo – “la morte stessa delle piante produce il rilascio del carbonio già immagazzinato. Questo si può evitare solo attraverso una pianificazione che garantisca la sopravvivenza a lungo termine degli alberi.