“Uhrturm di Graz”
Prima parte
di Marcello Tarozzi
C’era una volta, tanto tempo fa, una bella città situata nella regione della Stiria. In quella
città il popolo viveva in serenità e letizia, ma soprattutto in pace da secoli.
Quella città, il cui nome era Graz, faceva parte di un impero su cui regnava da alcuni
decenni un imperatore saggio.
Ogni anno i cittadini di Graz, riuniti nella piazza principale, nominavano per accalamazione
il Borgomastro, che doveva rappresentare con lealtà e giustizia l’imperatore nella città.
Questo equilibrio, sapientemente governato nel tempo, aveva reso la città di Graz ricca e
fiorente. I commercianti commerciavano e portavano in città beni preziosi provenienti da
paesi lontani, i guerrieri e i cavalieri proteggevano le mura di Graz e vegliavano sulla
popolazione, i contadini coltivavano le viti e producevano un vino che veniva apprezzato in
tutto l’impero.
La vita scorreva lieta e piacevole a Graz.
Oltre alla saggezza dei governanti, esisteva però un ulteriore, e forse più importante,
motivo per il quale la città aveva conservato con tale efficacia la propria prosperità: la
cosidetta Stella di Graz.
Il lettore potrebbe subito pensare ad una vera e propria stella, ma così non era, o almeno
lo era solo in parte; la Stella di Graz non era una stella ma una donna, una bellissima
donna con lunghi capelli biondi, una pelle così bianca da sembrare di porcellana, ma di
una porcellana che poteva risplendere e occhi così azzurri da potere quasi essere visti
distintamente quando la luce del sole calava.
La Stella di Graz era chiamata in quel modo perché, e nessuno lo sapeva veramente con
certezza, si raccontava che una notte una stella cadente fosse stata avvistata dalle mura
della città.
Dopo lo stupore per vista della grande stella cadente, tutti gli abitanti della città avevano
potuto udire un grande boato, seguito subito dopo da un lampo improvviso di luce.
Alcuni contadini e soldati avevano trovato una ragazza, priva di conoscenza e avvolta in
una tunica bianca, distesa nel mezzo dell’enorme cratere che si era creato al di fuori della
città.
Il capitano della squadra di soldati accorsa sul luogo aveva ordinato di prendersi cura
della bellissima ragazza.
<< Nessuno si azzardi a farle del male >> aveva chiarito subito il militare mentre restava
affascinato dal delicato bagliore che l’incarnato della donna emanava.
I soldati avevano portato la ragazza, che nel frattempo aveva continuato a emettere quella
strana ma piacevole luce biancastra dalla sua pelle, dal Borgomastro del tempo per
decidere cosa farne.
Nel consiglio della città era subito iniziato un acceso dibattito; c’era chi riteva quella donna
una creatura maligna e per questo che la si dovesse mettere al rogo e c’era chi, tra cui
anche il Borgomastro, si era convinto che quello fosse un evento voluto dal Cielo e che
una stella fosse realmente caduta su Graz come segno di benevolenza divina.
Mentre nel consiglio si discuteva ancora, improvvisamente la luce emessa dalla ragazza,
che nel frattempo si era destata dal suo sonno, aveva cominciato a lampeggiare con forza.
Olivia guardava Graz, la sua città, dalla sommità della collina nella quale si trovava la
celebre Uhrturm della città. Quando aveva del tempo e voleva trascorrerlo sola con i propri
pensieri andava in quel luogo. Da lassù la città sembrava così piccola, come piccoli
sembravano tutti i pensieri più tristi e le preoccupazioni quotidiane.
Da lassù nessuno poteva farla sentire debole e vulnerabile, come spesso invece si sentiva
durante le sue giornate. Da quel luogo poteva sentire quasi una magia, una magia così
benevola per lei. Olivia chiudeva gli occhi e faceva correre i suoi pensieri immaginando di
essere in un regno antico, dove esistevano cavalieri e dame, coraggio e saggezza, amore
e avventura.
In quei momenti, mentre chiudeva gli occhi e sentiva un leggero vento muovere con
dolcezza i suoi capelli, quasi come una carezza di un amante premuroso, Olivia
dimenticava la sua vita ed entrava in quel magico regno.
Poi tutto finiva, perché la vita di tutti i giorni tornava con prepotenza. Quando le enormi
lancette dell’orologio della torre scoccavano l’ora di ritornare alla sua vita quotidiana, la
magia terminava, ma Olivia sapeva che sarebbe potuta tornare presto per liberare la sua
mente nuovamente in quel regno di fantasia.
Olivia amava la musica. La musica e il canto in particolare erano stati tutto nella sua vita.
La prossima settimana la seconda parte del racconto
I PRECEDENTI RACCONTI DI MARCELLO TAROZZI
QUI IL ROMANZO – “LA CITTÀ DEI SOGNI – RACCONTI DEL NOSTRO TEMPO”
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