La famiglia Tozzoni, originaria della Toscana, si trasferì a Bologna verso il 1100; adottò poi come residenza Ozzano, quindi Casola Valsenio, per giungere ad Imola nel XV secolo. Verso il 1560 i Tozzoni si stabilirono nel palazzo in via Garibaldi che ancora oggi porta il nome della famiglia.
In questo luogo, Palazzo Tozzoni appunto, sta avendo un notevole successo l’esposizione “Dalle stanze del palazzo al mondo. Vita quotidiana e vita pubblica attraverso le fotografie della famiglia Tozzoni“.
La mostra fotografica è stata prorogata fino all’8 dicembre, nelle sale della casa-museo. Rientra nel progetto dedicato alla fotografia storica a cura dei Musei Civici di Imola e promosso e sostenuto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, nell’ambito del bando “Strategia Fotografia 2020
Appena trasferitisi a Imola, i Tozzoni presero subito parte alle vicende cittadine, occupandosi contemporaneamente dei loro affari. Agli inizi del XVI secolo Pier Paolo era a capo della famiglia Tozzoni, ma la sua vita fu dedicata soprattutto ad attività politico-istituzionali tra Imola e Firenze. Egli fu nel consiglio dei giureconsulti, costituiti da Girolamo Riario nel 1474, e venne chiamato a Firenze nel consiglio della Repubblica Fiorentina dal 1520. Sembrano così essere stati i figli Bartolomeo, ambasciatore presso il Papa nel 1570, e Girolamo a creare, alla fine del ‘500, il primo nucleo dei possedimenti fondiari di famiglia. I terreni si trovavano nei borghi posti subito fuori dalle mura: due in S. Cassiano, uno in borgo S. Cristina, due in S. Spirito; oggi sarebbero praticamente nel centro di Imola. Sei pecie erano invece a Chiusura, così come il podere Bicocca, che doveva trovarsi lungo la strada che ancora oggi ne porta il nome.
Il catasto Nelli fotografa nel 1637 la situazione delle proprietà di Bartolomeo XI Tozzoni, cavaliere, conte palatino e gonfaloniere di giustizia: 45 partite o “unità immobiliari”, in totale 803 tornature, 4 pertiche, 8 piedi, 3 once, che corrispondono a circa 155,31 ettari. Questo permette di ascrivere i Tozzoni al gruppo dei grandi proprietari terrieri di Imola del XVII secolo. Oltre ai campi già citati, posti nei borghi circostanti la città, Bartolomeo possedeva beni in alcuni comuni del territorio (Cantalupo Fiume, Cantalupo Selice, Farneto, Fiebano, Chiusura, S. Prospero), nelle ville di Feluno, Linaro, Monte Catone, Ghiandolino e Mezzocolle, nei castelli di Bubano e Mordano, infine nel feudo di Torano e in quello di Dozza .Nel 1649 i beni di Bartolomeo furono ereditati dai quattro figli. Poiché negli atti della divisione i diversi terreni vengono raggruppati per possessioni o poderi, possiamo osservare che Francesco, priore di S. Cassiano, acquisì la possessione della Visura, un “luogo acquistato dal Villa” non meglio definito e una possessione di Bubano, forse la Colombara. A Pietro Paolo furono assegnate le due possessioni di Mazzancollo (oggi Mezzocolle), dette Ramazzotte e Tombazza, una possessione detta il Casone a Poggiolo, tra Linaro e Torano, l’horto “acquistato dal Sartore” di S. Spirito e la metà del Molino del Maglio, ancor oggi visibile lungo la via Selice. Ciro ereditò invece la possessione di Chiusura, detta Li Prati e l’ampia possessione Bicocca, mentre Giovanni Battista ebbe il palazzo “di Sasso” con la relativa possessione Peschiera, a Sasso Morelli, la possessione la Casolina a Torano e una vigna a Dozza.
Buona parte di questi beni, per diverse vie ereditarie, si riunì nelle mani di Ciro, che nel frattempo contribuì all’aumento del patrimonio terriero dei Tozzoni grazie alle ricchezze portate in dote dalla moglie Samaritana Sassatelli, appartenente ad una delle più importanti famiglie imolesi dell’epoca. L’elenco delle proprietà di Ciro nel 1683 arriva così a oltre cento unità, senza contare i beni ubicati a Modena, acquisiti nel 1666 insieme al titolo di conte. I terreni di Ciro si trovavano nelle ville di Cantalupo della Selice e Cantalupo Fiume al Correcchio, nel comune di Bubano, a Chiusura e S. Prospero, nei borghi di S. Cassiano, S. Cristina e S. Spirito, nei comuni di Mazzincollo, Torano e Poggiolo, nella villa di Feluno e a Dozza, dove confinavano con le proprietà dei marchesi Malvezzi Campeggi, allora possessori della Rocca. Si trattava in massima parte di terreni arativi, arborati, vitati e prativi.
Ciro possedeva ancora l’antico orto a S. Spirito e i terreni prativi e boschivi di Torano, ereditati dagli antenati; una novità sono gli ulivi coltivati sulle colline di Torano, la cui felice esposizione al sole pare permettesse buoni raccolti. Sui terreni erano edificati palazzi padronali e chiese, come a Cantalupo, colombare come nel fondo Balestra di Bubano e alla Veniera, ma soprattutto case e casette nei poderi di Cantalupo, alla Peschiera, nel podere Priorato di Chiusura, in borgo S. Cassiano, alla Veniera, a S. Spirito e ancora alla Tabanella, a Bubano, a Torano e a Dozza. Grazie a Ciro, che ebbe inoltre contatti con Pico della Mirandola e il duca d’Este, i Tozzoni ottennero nel 1666 il titolo nobiliare con l’acquisto di una parte del feudo di Castelfalcino dai conti Gabrielli di Bologna. I beni di Ciro vennero divisi nel 1735 tra i due figli Alessandro Ranuccio e Francesco: ad Alessandro andò la possessione La Soldanina a Cantalupo Fiume, il podere detto Le terre della Romana a Cantalupo Selice, la possessione La Colombara ed il podere La Colombarina di Bubano, il podere detto Li Prati, le possessioni la Tozzona e La Carlina, la possessione detta la Nola sopra il Santerno, il podere detto La Brenta e la possessione Li due rii a Torano, La Poggiolina e Il Poggio a Monte Catone, i poderi Masignano e Bresciana, la possessione detta La Cassina e il podere del Canale a Mezzocolle, un orto detto del Fiume.
La parte di Francesco comprendeva invece chiesa, palazzo, orti e possessione di S. Pantaleone, i prati detti della Tabanella con un capanno, la Bicocca, la possessione detta Chiusura, la possessione detta La Veniera a S. Prospero, l’orto Mezzaluna, il podere detto Le Casoline, la possessione Il Casone a Torano con una casa e la possessione detta Tombazza. Fu uno dei diciotto figli di Ciro e di Samaritana, il priore Francesco Tozzoni, ad occuparsi dei lavori di ristrutturazione all’antico palazzo di famiglia tra il 1726 ed il 1738, su progetto del Trifogli e del Torrigiani. Alessandro Ranuccio trascorse gran parte della sua vita a Modena, da dove non esitò ad intaccare il patrimonio imolese per condurre una vita lussuosa; il matrimonio con la ricca modenese Beatrice Ferrari portò fortunatamente nuove ricchezze nelle casse della famiglia. Uno dei loro dieci figli, Giuseppe Ercole, tornato ad Imola, ereditò il patrimonio, ma forse anche i vizi del padre: appassionato di giochi delle carte, in una sola notte perse tutti i beni di Modena.
Nuove sostanze entrarono nel patrimonio di famiglia, in particolare terreni ubicati a Baricella, Budrio e Bologna, grazie al suo secondo matrimonio, celebrato nel 1738 con Carlotta Beroaldi; altri fondi arrivarono grazie all’eredità dello zio Francesco. Giuseppe Ercole lasciò un cospicuo numero di beni ai figli Carlo, Giorgio Cristiano, Alessandro e Gian Ciro. Quindi Giorgio Cristiano ne ereditò direttamente la metà in quanto primogenito. L’importanza raggiunta in questo momento dalla famiglia si può leggere anche nell’ampia trama di parentele che essi riuscirono a comporre: da papa Benedetto XIV Lambertini ai Sassatelli di Imola, ai Bandini, ai Pantaleoni, ai Serristori di Firenze, ai Ferrari di Modena, fino ai Torrigiani, che assicurarono ai Tozzoni stretti rapporti con la famiglia reale Savoia.Nel 1778 venne redatto il Catasto Ridolfi: fra i maggiori proprietari figurano i Tozzoni, il marchese Zappi Ceroni, il conte Della Volpe, Daniele Farsetti, i Ginnasi ed i Codronchi, Anton Federico Borelli, Gian Giorgio Macchirelli, la marchesa Zagnoni ed i conti Pighini. Il maggior possidente risulta essere il conte Giulio Sassatelli con 3638,308 tornature (oltre 700 ettari). I Tozzoni appaiono in quattro diverse voci: sono riportati i beni del commendator Gian Ciro, i beni di primogenitura, quelli spettanti al moltiplico dotale e beni ancora indivisi tra Gian Ciro e i fratelli. Si tratta in totale di 93 appezzamenti disseminati in tutto l’imolese, da Cantalupo Fiume (oggi Balìa, all’estremità del comprensorio), a Mazzancollo, in totale 1325 tornature (poco più di 256 ettari).
Nel corso del ‘700 l’azienda agricola produceva soprattutto grano, uva bianca e rossa, cereali minori come spelta, orzo e orzola, legumi come veccioli, veccia, fava, fagioli, cece bianco, cece rosso e cecerchia, olive, lupini, lino e canapa. I boschi producevano legna; lungo le piantate i gelsi fornivano alimento per i bachi da seta, mentre l’olmo foraggio per le bestie, nei poderi si allevavano piccoli animali per ottenerne la carne, in particolare i maiali. Dalla seconda metà del XVI secolo era stato introdotto il mais, importato dalle Americhe come la patata, il pomodoro, il fagiolo comune e la fragola da orto. La gestione dell’azienda agricola continuò ad essere molto vitale, con vendite e acquisti; Alessandro, figlio di Giuseppe Ercole Tozzoni, comprò nel corso della sua vita vari terreni, tra cui il podere Aurella nel 1798, le Soldanine de’ Bizzi e il prato detto la Copertaccia nel 1802, le possessioni Prata e Fontana nel 1806 (che andarono a far parte della tenuta del Correcchio), la Guernella a Cantalupo Fiume, Cozzo, situato tra Tozzona, Aurella e Campazzo nel 1806 e l’Orto Lastre in borgo S. Cristina.
Nel 1806 Alessandro, Giorgio e Carlo ereditarono i beni del nonno materno Federico Beroaldi, tra i quali ulteriori terreni. Tutti i beni di famiglia sembrano essere confluiti nel patrimonio di Giorgio Barbato, figlio di Giorgio Cristiano, la cui vita a palazzo segnò un nuovo momento di splendore dei Tozzoni e una particolare attenzione alla storia della famiglia, evidente nel riordino dell’archivio. L’ampliamento dell’azienda agricola continuò anche nell’ ‘800: ricordiamo in particolare il podere Monte, oggi parco Tozzoni, accanto alla Frattona, acquisito nel 1892 per costruirvi una casa di villeggiatura. Per tutto l’800 e buona parte del ‘900, anche se i Tozzoni non vivevano più stabilmente a Imola, il palazzo restò il centro di gestione e controllo dei poderi, ancora numerosi nonostante gli alti e bassi della famiglia. L’azienda agricola, gestita da amministratori imolesi, prese il nome dell’ultima contessa, Sofia Serritori Tozzoni. Sofia aveva unito il cognome paterno con quello dello zio per perpetuare la memoria delle due famiglie entrambe senza eredi maschi.
(Fonte: Belle Arti)
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