A distanza di ventiquattro anni da quel leggendario concerto di Vasco Rossi nel paddock dell’Enzo e Dino Ferrari, Raffaello De Brasi, ha voluto ricordare quella storica prima edizione dell’Heineken Jammin Festival, che visse da Sindaco della Città, nell’estate del 1998..

Con il ritorno di Vasco Rossi sul Santerno, torna alla mente la sua prima volta del 1998, che sancì la consacrazione del mito Vasco Rossi: come fu possibile convincere una multinazionale come l’Heineken a investire nel nostro territorio per un Festival di simili proporzioni?
“L’Heineken cercava di abbinare la birra ai giovani e quindi, la musica. Questa era la cosa che era partita da Amsterdam e da Milano. Tramite Roberto De Luca, che era l’organizzatore dell’evento mi contattarono e vennero a trovarmi. Mi proposero quest’idea che io accolsi immediatamente, capendo subito le potenzialità per la città e autodromo.”

Tra l’altro dopo la morte di Senna era da poco tornato anche il Motomondiale..
Fu un capolavoro politico. C’era Berlusconi al Governo, l’autodromo fino a poco prima ancora massacrato a livello d’immagine dopo la morte di Senna. E noi invece riuscimmo a rilanciarlo grazie all’arrivo delle moto, grazie al coinvolgimento di Claudio Costa e Gresini, che allora era il responsabile dei piloti. Andando a Londra diverse volte riuscimmo a convincere Ecclestone, che nicchiava. L’idea di mettere insieme moto e auto non gli andava a genio. In generale quest’idea non piaceva molto perché un conto è un autodromo per le moto , un conto per l’automobilismo. Non era banale mettere insieme due avvenimenti sportivi del genere, con due esigenze diverse. Con l’Heineken sancimmo questa tripletta e ci fu il rilancio totale dell’autodromo e della città.
Come siete riusciti?
“In tre anni, riuscimmo a ribaltare la situazione grazie al gioco di squadra: il ruolo di Sagis non è da dimenticare. Ma anche quello di Ecclestone e in particolar modo del Governo italiano. L’aiuto di Sergio Navacchia fu decisivo, ad esempio. Navacchia era molto amico di Gianni Letta, avevano lavorato assieme. Mi diede una mano fondamentale ad arrivare a Roma. E il resto ce lo mettemmo noi, Comune di Imola, che aveva una grande esperienza nell’organizzazione di questi eventi.”
Come avete gestito la prima edizione nell’incognita generale?
Era un’esperienza nuova. la capacità organizzativa di poter gestire, in una città di neanche 70.000 abitanti, eventi di massa che potevano arrivare fino a triplicare la popolazione non era una cosa banale in termini di organizzazione. La sicurezza, la mobilità, i parcheggi, l’accoglienza. Siccome noi avevamo già l’esperienza della Formula 1 chiaramente Heineken e Live Nation ci prese più in considerazione rispetto ai competitor.
E a livello di costi?
“Ci fu la trattativa con la Sagis per quanto riguarda il costo dell’autodromo. De Luca tendeva ad abbassare i prezzi. Infatti alla fine del percorso ci fu un ragionamento proprio sui costi. Stiamo parlando dei soldi che dovevano essere pagati alla Sagis per l’utilizzo dell’autodromo. Successivamente il tema di quanto costasse l’autodromo agli organizzatori fu uno degli elementi che poi, in un qualche modo, fecero sì che Heineken emigrò al Parco San Giuliano di Mestre. Consideriamo che l’autodromo, non ricordo benissimo, ma riceveva dagli organizzatori una somma attorno agli 85 mila euro. Non uno scherzo. A Mestre capitò l’opposto. In parte lo stesso ragionamento avvenuto con la Formula 1, dato che se andavi a Dubai gli sceicchi ricoprivano il Circus d’oro, per aggiudicarsi una tappa del Circus. Imola chiaramente non poteva competere a simili condizioni. All’epoca non c’erano Bonaccini e gli altri che ci credevano così tanto, all’epoca c’era Vasco Errani che forse non ci ha mai creduto davvero.”

Per te, che cosa ha rappresentato quella storica prima edizione del 1998?
“Un grande orgoglio e una grandissima emozione. 140 mila spettatori fu un evento incredibile. L’invasione di Imola da parte dei giovani, un flusso continuo lungo l’asse stazione autodromo, con la grande gioia dell’economia imolese e anche oltre. E anche una qualche preoccupazione. Soprattutto all’inizio, quando discutevamo: però io su questo non ho mai avuto dubbi, in fondo.”
Da parte degli organizzatori che garanzie c’erano nei confronti dell’amministrazione?
“Quelle di un’organizzazione ferrea all’interno del paddock: dentro era tutto molto organizzato, compresa la sicurezza. Ed esternamente la responsabilità era del Comune. Nessuno cita mai il lavoro fatto dai Carabinieri, dai vigili del fuoco, dalla Municipale, il sistema sanitario imolese, tutti i volontari. Si vede sempre l’evento finale. Ma dietro c’è un organizzazione che secondo me andrebbe riconosciuta.”
Cosa ricordi di quel “primo” Vasco Rossi?
“Il ricordo dell’arrivo in elicottero. Fu spettacolare. E poi chiaramente il fatto che fosse la prima volta che si utilizzasse l’autodromo. Noi eravamo convinti che una struttura del genere potesse essere utilizzata in questo modo, ma non ne eravamo sicuri. Quindi la prima volta di Vasco in un autodromo, la prima volta di un autodromo di un grandissimo evento musicale. Con la successiva carrellata di gruppi, come ha raccontato bene Valter Galavotti l’altra sera. C’era la preoccupazione che tutto filasse liscio. E alla fine dell’evento tirammo un bel sospiro di sollievo

Come si comportava il Blasco dietro le quinte?
“Vasco arrivava, si catapultava in mezzo ad un corteo di guardie del corpo. Era molto protetto. Io ricordo bene la seconda volta che di Vasco a Imola, con Massimo Marchignoli Sindaco. Mi infilai addirittura sul palco. Praticamente vedevamo di spalle il gruppo di Vasco. Un emozione incredibile. Vedevamo tutto, da dietro le casse. Eravamo nel backstage. Ricordo quando gli portavano gli asciugamani, l’acqua. Un punto di osservazione privilegiato. Massimo Marchignoli ballava come un matto. Tutti quanti eravamo scatenati. È un bel ricordo che ho, perché Massimo era un grande amante della musica, suonava la chitarra e cantava, sapeva tutte le canzoni dei cantautori italiani. Si cantava tutti quanti, quella sera lì, anche con Bersani, che sapeva a memoria tutte le canzoni di Vasco.”
Cosa augureresti agli attuali amministratori della nostra città, in merito ai grandi eventi?
“Quella di volare alto, perché noi siamo una città che ha una parte importante della sua comunità che è internazionalizzata, pensiamo alla sua economia. Abbiamo delle eccellenze come il San Domenico, l’autodromo e l’Accademia Pianistica. Bisogna che una città, anche se la sua comunità in parte non ti capisce fino in fondo (come quando all’Accademia pianistica non ci andava nessun imolese, perché il San Domenico era visto come qualcosa di inarrivabile) deve mantenere le sue eccellenze. E mantenere il suo valore a livello internazionale: è giusto continuare a puntare su questo. L’ambizione di fare di Imola una città europea e internazionale a tutti i livelli, compreso quello artistico e culturale.”