È il 1980 quando l’autodromo Enzo e Dino Ferrari, novellino tra le tappe del Campionato del Mondo di Formula 1, cattura l’attenzione del grande pubblico per il suo fascino e lo spettacolo che riesce a far produrre alle vetture in gara.

Il Gran Premio sul Santerno si era già svolto nel 1979, in un’edizione non valida per il campionato del mondo. L’anno successivo invece, il Gran Premio d’italia si disputa proprio a Imola, nell’unica edizione lontano da Monza.
La manifestazione fece entrare il circuito imolese negli almanacchi del motorsport per un incredibile fatto che ebbe come protagonista Gilles Villeneuve. È il settembre 1980, il sole illumina una collina della Tosa che straripa di pubblico. Siamo al sesto giro, dopo il curvone del Tamburello, la Ferrari 312 T5 del canadese sfreccia a quasi 300 chilometri l’ora quando un pneumatico scoppia: la monoposto si accartoccia a 280 orari contro il muro della chicane che anticipa la Tosa. La macchina rimbalza nelle barriere, continuando nei testacoda, fino ad arenarsi poco prima della stessa Tosa.

Per poco le altre vetture non la c’entrano, com’era accaduto a Lauda quattro anni prima. Pochi istanti più tardi, Giacomelli, che arriva sparato con la sua Alfa Romeo, non farà in tempo a schivare le dozzine di detriti presenti sul tracciato, rimediando anch’esso una foratura che lo costringerà al ritiro.
Intanto Villeneuve esce da quello che rimane della sua Ferrari 312 T5 come se non fosse successo niente. Quel cumulo di lamiere fumanti giacciono in mezzo alla Tosa, da dove ne esce uno spaurito e incolume Gilles. È l’incidente più spaventoso e spettacolare della sua carriera. Soltanto due anni più tardi “l’aviatore” troverà purtroppo la morte in un assurdo e beffardo incidente durante le qualifiche del GP di Zolder, in Belgio.

Dopo la scomparsa, quel curvone veloce (poi trasformato in chicane con le modifiche a seguito della morte di Senna e Ratzenberger) , posta tra Tamburello e Tosa, verrà intitolata proprio in onore del compianto Gilles, un pilota capace di infiammare i cuori dei tifosi italiani e degli imolesi per quella sua dose di pazzia, funambolismo, unitamente a coraggio, cuore e grandi abilità di guida.
Verrà eretto un monumento, progettato da Ferdinando Forlai, alla cui base alla verrà affissa una targa con le parole di Enzo Ferrari “Io ti voglio bene”.

Col tempo però, specialmente dopo le modifiche all’autodromo del 1994, il manufatto rimarrà intrappolato tra due recinzioni, quella vecchia e quella installata successivamente, lasciandolo andare inesorabilmente incontro ai segni del tempo e delle intemperie, che ne pregiudicheranno la conservazione e la possibilità di leggere la targa posta alla sua base.
Una raccolta fondi del 2016 ideata da “La Sfida del Cuore” ha promosso un’importante riqualificazione dell’opera, restituendo una seconda vita al Monumento, che ora svetta in un nuovo memoriale all’ombra di un acero, simbolo del Canada.

L’8 maggio 1982, Gilles perse la vita nel tragico incidente di Zolder, avvenuto durante le qualifiche del sabato.

Il rapporto tra Imola ed il pilota canadese è estremamente forte: quando l’Autodromo era intitolato unicamente a Dino Ferrari, il 25 aprile 1982, Gilles corse la sua ultima gara, piazzandosi secondo alle spalle di Pironi, il quale, non rispettando il cartello “slow”, esposto al muretto Ferrari, lo superò alla Tosa, nel corso dell’ultimo giro, sottraendogli la vittoria. Non è mai stato chiaro se si trattò di un’incomprensione o di uno “sgarro”, ma Gilles era talmente infuriato da non voler neppure salire sul podio dove comunque andò, costretto dal protocollo di gara.
Il pilota canadese, così come l’intero popolo ferrarista, intesero quel sorpasso come un gesto intenzionale. Da quel momento Gilles non rivolse più la parola al compagno di squadra.

Tredici giorni dopo, a Zolder, tentando di sorpassare Jochen Mass, a 8 minuti dal termine delle qualifiche, avvenne la collisione fatale: la Ferrari nr. 27 tamponò la ruota posteriore destra della March che procedeva lentamente, schizzando in aria, impennandosi e rimbalzando sull’erba dopo un volo di 50 metri. Villeneuve fu catapultato fuori dall’abitacolo: il pilota canadese, ancora unito al seggiolino, planò  rovinosamente contro la rete di protezione, qualche decina di metri più avanti, urtando il capo contro uno dei paletti che sostenevano la rete. Inutile ogni tentativo di soccorso ed il volo disperato in elicottero all’ospedale di L