Imola. È da qualche anno che del centralissimo e appetibile complesso del Silvio Alvisi non se ne parla più. Eppure, durante tutti gli anni ’10 (a partire dal 2012 fino al 2018) sembrava certo che il destino dell’omonima struttura fosse a forte rischio.
L’edificio era nato durante la primissima corrente dell’antipsichiatria come Centro diagnostico neuro-psichiatrico, concepito come una sorta di manicomio moderno, privo di contenzioni. L’idea iniziale di alienazione venne accantonata dopo le proteste, mentre nel progetto più recente la struttura veniva soltanto modificata, rimanendo sì presente tra i nuovi edifici. Cosa anch’essa accantonata. È dunque un atto dovuto riportare all’attenzione dei lettori l’importante storia dell’edificio.
Stiamo parlando di un fabbricato che rappresenta la prima vera costruzione di grande valore architettonico realizzata nel dopoguerra Imola.
Venne progettato dall’architetto bolognese Enzo Zacchiroli , tra i più importanti esponenti dell’architettura organica in Italia.
© PAOLO MONTI – SERVIZIO FOTOGRAFICO – 1968
L‘edificio rappresenta il luogo ove vide la luce l’attività avanguardista per la cura della malattia mentale – promossa da Gastone Maccagnani. Se si parla di Silvio Alvisi non si può non parlare della figura di questo medico controcorrente: dal 1964 ricoprì la carica di vice direttore dell’Ospedale psichiatrico provinciale Luigi Lolli poi diventando primario del Centro diagnostico neuropsichiatrico Silvio Alvisi, dal 3 febbraio 1969 al 19 maggio dello stesso anno. Nella sua breve, ma intensa carriera professionale, il dott. Maccagnani ricopre anche la carica di vice presidente della Società internazionale di psicopatologia dell’espressione ed è stato segretario generale della medesima società in Italia con sede legale a Imola.
Il coraggioso tentativo di creare l’istituto d’avanguardia per le malattie mentale, si bruciò purtroppo in pochi mesi.
Quello che si voleva per il Silvio Alvisi non era altro che un luogo con la fisionomia di un albergo- di un luogo di soggiorno tendente a determinare negli ammalati, con una terapia innovatrice d’avanguardia che rompeva i ponti con le arretrate teorie del passato, con fiducia verso la guarigione ai fini di un loro inserimento nella società.
IL CONCEPT DELL’EDIFICIO
La struttura vide la luce nel 1967 e rappresenta una delle più importanti esperienze di architettura organica messe in pratica da Enzo Zacchiroli e tra le più conosciute in Italia. L’architettura organica promuoveva un’armonia tra uomo e natura: un nuovo sistema in equilibrio tra ambiente-costruito e ambiente-naturale. Tutti devono far parte di un unico organismo interconnesso spazio architettonico.
I principali promotori del movimento dell’architettura organica, branca di quella moderna, a livello internazionale furono Frank Lloyd e Alvar Alto, figure a cui si ispirò Zacchiroli.
STRUTTURA
L’edificio completava le attrezzature a servizio dell’assistenza psichiatica del vicino ospedale Lolli,separati solo da viale Zappi. Il centro diagnostico, inserito in un’area verde e aperta, è un edificio a un piano suddiviso in ali parallele collegate da un corpo perpendicolare che ospita le sale per le terapie. Il contatto con l’esterno favorisce la possibilità di un accesso indipendente a chi deve raggiungere gli ambulatori, non interferendo con i pazienti ricoverati che possono, a loro volta, sfruttare un rapporto diretto e terapeutico con il verde. Qui Zacchiroli giustappone l’edificio in vari blocchi asimmetrici, proporzionati secondo le contenute dimensioni del complesso. L’edificio è leggermente rialzato su un basamento trattato a verde, ad eccezione del corpo destinato alla degenza che risulta sopraelevato su setti della stessa altezza del basamento che si segnala per l’orizzontalità delle finestre. Il volume degli ambulatori si frammenta in parti separate da tratti di parete realizzati in lamelle verticali verniciate di Rosso, motivo che si ritrova anche nella chiusura della loggia esterna sul lato sud, che si staglia nettamente sull’uniformità del paramento murario a mattoni faccia a vista verniciati di bianco e sugli inserti di pareti in cemento a vista.
IL DOPO – UN PROGETTO FERMATO
L’Ausl fino a qualche anno fa sembrava intenzionata a procedere con l’ampliamento. La cittadinanza si oppose a queste intenzioni – vi furono interventi di associazioni del calibro di Italia Nostra e perplessità dallo stesso partito – l’Ausl stessa è tornata sui suoi passi da qualche tempo, escludendo quindi categoricamente la possibilità di proseguire. All’epoca, siamo nel 2020, si arrivò fino a un progetto esecutivo, ancora online.
L’ipotetico nuovo complesso di condomini annesso all’ospedale – come da foto – nei rendering vedeva una piastra ad elle di 4.500 metri quadri caratterizzati in un piano interrato più due piani fuori. Una nuova ala per trasferire i servizi riabilitativi dell’Ausl – tre grandi palestre e poliambulatori. Poi, il nuovo Cup e il punto di accettazione unico.
Con l’avvento dei 5 stelle in giunta il progetto venne ritoccato, e la struttura (inizialmente pensata di addirittura 5 piani) diventò di dimensioni minori.
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