Imola. Riviviamo con Luigi Mongardi di “Imola Evoluzione della Città” la mitica “Macadora dlà gera in tè Santeren” e la fine della ghiaia sulle rive del fiume
Questo edificio con annessa cava, si trovava nello spiazzo di Via Boccaccio, di fronte all’area feste del lungofiume.
La macadora rappresentò il primo cantiere di lavoro della ghiaia a Imola e vide la luce nel 1932. Era ubicato sulla riva sinistra del Santerno. Dal fiume partiva un trenino con la ghiaia, trasportata alla Macadora. Nel 1933 i primi 30 camionisti diventano soci della cooperativa Trasporti, aggiungendosi ai “birocciai”; le attività andavano dalla produzione della materia prima al prodotto finito e comprendevano, naturalmente, le operazioni di trasporto.
Col passare degli anni, si dice, per via dei continui scavi si sarebbe poi arrivati a provocare l’abbassamento del livello del Santerno di circa una quindicina di metri.
Specialmente nel dopoguerra, le cui numerose escavazioni erano comunque necessarie alla costruzione di case e strade di una città in forte espansione. Sembrava che fosse infinita, invece quelle antiche ghiaie mano a mano scomparivano. Oggi notiamo una grande differenza rispetto a come si presentava il Santerno, e la sua riva, oltre mezzo secolo fa.
“Dopo la guerra” – racconta Mongardi – “C’era forte necessità di materiale edilizio per costruire le case e sistemarne altre. Il fiume era pieno di ghiaia, si schiacciavano i sassi e così si faceva il calcestruzzo. Si sono scavati il fiume, non c‘era più ghiaia e han chiuso tutto.”
“Attorno alla fine degli anni ’60 era già in disuso.” – infatti la Macadora cessò la sua attività nei primi anni sessanta: nel ’64 la Trasporti si trasferisce nel nuovo centro produttivo di Linaro. Nel frattempo, scompare anche la figura del birocciaio. L’edificio nel frattempo rimane in disuso per qualche anno – è stata molto tempo chiusa poi l’hanno buttata giù.” rammenta l’ideatore di “Imola Evoluzione della Città”.
Dove si trovava, di preciso? “Più o meno di fronte a dove veniva il circo. Immagina dal Riverside, lungo il fiume, verso i pioppi. il fiume prese l’aspetto di adesso“
La cava sul Santerno dava parecchio lavoro agli imolesi ? “Specialmente i camionisti, lavoravano molto con la Macadôra, io mi ricordo “i bruzzai”, quelli che conducono il biroccio , che caricavano la ghiaia e la andavano a distribuire, poi arrivarono i camion. Il fiat, il Lupetto, era tutto un mondo. Quando avevo 10 anni la Macadôra era ancora in vigore, nell’orario di lavoro c’era l’acqua torbida e si pescava di più. “
Riusciamo ad attestare il periodo della sua chiusura? “Nel 1960 /62 era pienamente in azione. Vennero fatte un sacco di case. Addirittura, della ghiaia, ne esportavano anche. Era un tutto un traffico. Ha dato la possibilità di accedere facilmente a delle materie prima che se no avresti avuto più difficoltà a reperire, a le case sarebbero costate di più. Quella ghiaia era gratis,dovevi pagare solo la manodopera e i macchinari. “
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