Attorno all’agosto del 1849 Giuseppe Garibaldi, per non cadere nelle mani del nemico, intraprese una disperata quanto rocambolesca fuga per la Romagna. Anita era appena morta, Garibaldi era ricercato in ogni dove dalla Polizia austriaca – come ricorda Pier Luigi Tagliaferri nel suo libro – “e rimase diversi giorni nascosto tra piante, canali e campi. Per qualche giorno fu ospite di Don Giovanni Verità, sacerdote dalle idee liberali, legato al Movimento dei cospiratori romagnoli: “Fummo poi condotti dallo stesso prete a traverso l’Appennino col divisamento di seguirne le vette, per passare negli stati sardi”- Superato Palazzuolo sul Senio, si avventurarono lungo la Faggiola attraverso i suoi impervi sentieri. Scesero a Coniale per sostare presso l’allora Osteria di Casa Vivoli, poi Biagini – detta anche “appalto”- Di sera, mentre consumavano una parca cena, viene improvvisamente annunciato l’arrivo della Guardia di Finanza. A prendere in mano la situazione fu Don Verità, che riconobbe il brigadiere, già conosciuto in passato a Modigliana. Facendo sì dunque che la situazione, diventata pericolosa, si risolvesse con una bevuta per tutti. Della vicenda si apprese grazie alla testimonianza della signora Celestina, cameriera della bottega:

“Non avevo mai visto quei due – (Garibaldi e il suo luogotenente Leggero) – ma Don Zuàn mi dette una moneta da dieci paoli e mi bisbigliò all’orecchio “Si tratta di contrabbando e tu stai in guardia se mai venissero finanzieri o gli sbulfari, come si chiamavano i cacciatori volontari del Granduca. Poi il mio padrone parlò fitto con il prete e vidi che s’intendevano. S’era fatto il caffè e tutti bevvero ed anche quel signore (Garibaldi) ed un altro che era con lui e che pareva malato (il suo luogotenente Leggero) e un burdèl, cioè il ragazzo che guidava i muli. Si beveva dunque il caffè e il mio padrone era uscito fuori con lo schioppo. Tornò un tratto tutto affannato “Per amore di Dio, ecco i soldati!” E disse anche una bestemmia. Quel signore non si mosse da sedere ma quell’altro, che pareva malato, salto su e chiese al mio padrone: Quanti sono? Sono quattro, rispose. Ed il signore malato rispose “Oh, questi me li prendo mi! Mettendo mano al pugnale. Fortunatamente non ce ne fu bisogno, erano guardie di finanza. Il padrone tornò fuori e gridò: ‘Buon giorno, vi volete rinfrescare? ‘ I due signori carbonai guardavano dalla finestra, poi tornarono tranquillamente a sedersi, a bere il caffè e fumavano.

Don Zuan uscì fuori con il suo schioppo e rientrò con le guardie di finanza, che lo canzonavano perchè non aveva fatto punto caccia. Aveva altro da pensare quella mattina il prete! Tutto allegro dette un sigaro al brigadiere che aveva conosciuto a Modigliana: insieme presero il caffè e discorrevano di Garibaldi: “Oh! Se avessimo immaginato che uno di quei signori era proprio lui! Ma sì, le guardie erano quattro e quattro erano i nostri. E c’ero poi anch’io. Ero una donna..ma ero la Celeste di venticinque anni, e sapevo anch’io come si carica uno schioppo e come si ricarica…Le guardie a quei signori carbonai, dopo averli ben squadrati, non dissero niente, perchè li credettero due contadini: ispezionarono soltanto i sacchi sui muli e videro che era carbone. Tutto carbone. Dopo una mezz’ora le guardie salutarono e volevano pagargli il caffè, ma don Zuan pagò lui e chiese dove andavano. E il brigadiere rispose che andavano a Modigliana.

Il prete, me lo rammento proprio, disse “Fatemi il piacere, caro brigadiere, quando sarete arrivati mandate a dire a casa mia che non mi aspettino a desinare, perchè ritornerò soltanto verso sera. Il brigadiere disse di sì, andarono poi via, e a noi ci si allargò il cuore. Appena partite le guardie, il mio padrone, tutto contento, gridò: “Voglio fare un voto alla Madonna!” E prese un fiasco di acquavite e volle che si bevesse tutti e lui disse: “Oh ,ma ci vuole proprio questa per mandar giu il magone che ho sullo stomaco..”
Da Coniale, attraverso la valle del Diaterna, don Giovanni Verità guidò la comitiva verso le Filigare e ricorda l’ammirazione e stupore dei pastori del luogo , quando Garibaldi con disinvoltura attraversava certi ostacoli naturali piuttosto difficili.