Viaggiano per i marciapiedi col capo reclinato. Attraversano la strada come se nulla fosse. Può anche passare un auto a folle velocità che il loro sguardo non si distoglie dal display. Sono sempre di più gli adolescenti “vittime” di questo modo di muoversi per la città.
Se va bene il pedone è al telefono mentre attraversa la strada, con gli auricolari che tappano le orecchie in modo da non fare udire il rombo di un auto in avvicinamento. Sono sulle strisce pedonali, il che gli basta per non guardare nemmeno se un auto li ha visti attraversare.
Incrociare lo sguardo con una ragazza? Ma quando mai, se gli occhi sono ipnotizzati dallo smartphone.
E salutare un amico che si incontra lungo la strada? Ma chi lo vede, stai scrivendo un “what’s up”. Semmai te ne potresti accorgere mentre registri un audio, ma ovviamente lo saluteresti a malapena, figuriamoci fermarsi, sei troppo impegnato a “rispondere a tutti” i tuoi amici. Che amiconi! Ti riempiono di messaggi privati ma di vedersi per quattro chiacchiere nemmeno l’idea. Ti hanno appena fatto gli auguri, perchè Facebook gliel’ha ricordato, ma il giorno dopo nemmeno ti salutano quando ti incontrano in cartoleria.
Anzi, ti hanno incontrato sul lato opposto del marciapiede, e a distanza di sicurezza hanno cambiato lato della strada. Così per farti credere di non averti visto.
Autobus, verso la scuola. Tutti seduti nel sedile o in piedi senza nemmeno guardarsi. Senza notare che la compagna più bellina è andata dal parrucchiere. Senza nemmeno accorgersi che a fianco abbiamo un bellissimo ragazzo o una bellissima ragazza che non avevamo mai visto prima. Forse lo scopriremo quando siamo già scesi, perché il nostro amico, più furbo, non era al cellulare e l’ha appena conosciuta.
Ma ci ricordiamo com’è era “una volta”? Basterebbe far tornare le lancette indietro di due lustri, quando What’s Up non c’era. E allora i “vecchi” ma buoni sms fungevo ancora per la funzione più utile. A fissare un appuntamento, ad arricchire l’attesa. Non a rovinare tutto. A “bruciarsi” tutti gli argomenti, a far calare l’interesse, magari per una foto appena mandata che è venuta male.
Quando qualche anno fa i “social” erano i vecchi del bar che con la loro aneddotica ti tenevano lì un pomeriggio. Una sigaretta scroccata che faceva partire la scintilla con una sconosciuta.
I tornei estivi di calcio, con le ragazze che anziché guardare i cellulari guardavano i giocatori.
Adesso, anche tra amici, anche una banalità come vedersi diventa incompiuta.
“Ah no, i bar son chiusi”. “Ah no, devo finire di vedere una serie su Netflix”.
“Ah no, non ho soldi.” Qualsiasi scusa è buona per non vedersi mai. E intanto il tempo passa, e noi ci rincoglioniamo sempre di più, senza combinare un tubo.
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