Anni ’80: dopo l’improvviso licenziamento, si iscrive per caso a un corso di aerografo. Da quel momento scopre di avere un dono “ma non chiamatemi artista”. Fungo ha abbellito mezza Imola e non solo, con Pietro Grandi ha dato vita a un felice binomio. Aziende, cabine elettriche, pub e discoteche.
Da quanto tempo ti occupi di questo lavoro ed in particolare murales?
«Cominciò tutto un fatidico giorno del 1987, dopo la terza media: malgrado caldamente consigliato, non scelsi un indirizzo artistico perché non ci vedevo sbocchi lavorativi, e sebbene sapessi disegnare, non avevo nessuna aspirazione artistica, e nemmeno nessuna idea di cosa avrei voluto fare da grande. In realtà ho scoperto in seguito che non ne avevo idea perché il mio lavoro non esisteva.
Il caso volle che, dopo aver fatto svariati lavori intervallati dall’anno di servizio militare, nel 1987 ebbi una furiosa discussione con il mio titolare e mi licenziai dopo due anni dal mio posto di lavoro. Coi soldi del licenziamento mi iscrissi a un corso di aerografo a Bologna: Il professore ci disse subito di non illuderci nel trovare sbocchi lavorativi; lui stesso che era bravo tirava avanti a stenti, non aveva tenuto conto che Imola è una città di motociclisti ed un aerografo nelle mani di un ragazzo di 24 anni aveva potenzialità diverse rispetto ad un vecchio, inoltre a quei tempi le insegne si facevano ancora a mano, come le scritte sui furgoni, perciò dopo quel corso cominciò tutto; questo è uno dei motivi per cui faccio ancora fatica sentirmi definire “artista”.»
-Quali sono i tuoi lavori più belli e rappresentativi?
«Di certo le cose migliori le ho fatte insieme a Piotr Pietro Grandi, amico e collega dagli albori, tra noi c’è grande sintonia (siamo molto simili a Stanlio e Ollio).
Se vengo chiamato per qualcosa di importante lo coinvolgo sempre perché sono convinto che, nella maggior parte dei casi, con lui la qualità aumenta notevolmente, ed è sempre un piacere lavorare insieme.
Io sono preciso, veloce, ed intuisco velocemente i percorsi per realizzare qualcosa nelle grandi dimensioni, ma perlopiù mi avvalgo di spunti fotografici, mentre Pietro, che ha anche frequentato scuole artistiche, a mio parere è un vero artista, specialmente nel campo del fumetto dove è un genio.
Questa nostra sinergia ha prodotto diversi lavori importanti, perciò comincio da questi: nella zona industriale di Imola c’è il grande murale alla CROMIA, che scatenò tante polemiche per un discorso pubblicitario al quale si attaccò l’ufficio preposto.
Ebbi io l’idea di fare una squadra di personaggi che dipingevano il capannone, poi però il progetto lo fece tutto Pietro, anche perchè io non sarei mai stato in grado di inventare situazioni e personaggi così belli e simpatici.»
«Nel tunnel sotto alla stazione dei treni ci sono due motociclisti che dipingemmo durante una manifestazione di “writer”; di questo ne sono particolarmente fiero perché l’idea arrivò come un fulmine, tipo John Belushi quando vede la luce: l’idea era arrivata senza doverci pensare, per una città come Imola il motociclismo è un biglietto da visita perfetto.
Mi assegnarono il muro; in quel momento stavo studiando il disegno anamorfico perciò quella parete era perfetta per sperimentare, la sera stessa a casa con cartoncino realizzai una riproduzione del muro, feci qualche esperimento constatando che funzionava. Disegnai allora i motociclisti come li avevo visti “immaginati”, poi mandai tutto a Pietro per migliorarli, infine li abbiamo realizzati insieme, ed eccoli là»
«Poco distante c’è la stazione delle corriere dove dipingemmo una specie di spazioporto con i fantastici personaggi di Pietro, un inno alle diversità.
Nella zona industriale realizzammo anche due enormi mezzi “mandala” alla Tea-Pack, ma quello più che un lavoro artistico è un lavoro tecnico, lo cito perché è la cosa più grande da noi realizzata. Nel passato la nostra “cappella sistina” era un locale in provincia di Reggio Emilia che si chiama “Fuori Orario”, un grande capannone con all’interno un vagone; ogni due anni ci facevano ridipingere tutto concedendoci la massima libertà, dovevamo fare tutto nel mese di agosto quando il locale era chiuso, ma ci trattavano molto bene: vitto, alloggio e zanzare, tutto compreso.
Lì negli anni abbiamo fatto diverse cose: intrecci di tubi arrugginiti, ingranaggi (sempre arrugginiti), un cimitero di auto (collaborò con noi Carubbi Roberto “Cicala”) e per ultimo una specie di strana discarica.
Un altro che ci era riuscito particolarmente bene era in un locale sotterraneo, il “Pub Madison” dove in un lungo corridoio avevamo dipinto una strada di New York di notte ricca di personaggi ed edifici caratteristici, inutile aggiungere chi fu il genio del progetto.
Negli ultimi anni però il più importante che abbiamo realizzato insieme è a
Monte Sole, sopra Marzabotto, nella casa stata rifugio della “Brigata Stella Rossa”,
dove abbiamo dedicato un grande murale ai partigiani, tratto da un disegno (poi modificato) di Sergio Tisselli, un noto illustratore di quei luoghi scomparso di recente.»
«Di quelli realizzati esclusivamente da me comincio dall’ultimo: una cabina elettrica a Palazzuolo dove ho dipinto paesaggio, alberi, foglie ed animali del luogo; avevo chiesto a Pietro di farlo insieme ma era impegnato; è stato un lavoro che mi ha dato tanta libertà, malgrado una bozza ho dovuto adattare tutto sul momento, e l’ho fatto senza dover scendere a compromessi ma seguendo il mio istinto. Le foglie per esempio hanno un andamento, son partito dalla prima e le seguenti venivano di conseguenza, mentre le abbozzavo con la matita mi sembrava di scrivere una poesia.
Sono stato onorato di dipingere Fausto Gresini nella curva a lui dedicata, ringrazio sempre Nadia Padovani che ha voluto me a realizzarlo.
Un altro pilota che ho dipinto recentemente è Ayrton Senna, in un locale del centro “Simon e Zac” al “Caffè del Duomo”.
Ma il più grande è in un autosalone a Toscanella, dove ho realizzato un murale dedicato all’autodromo di Imola: è rappresentato l’autodromo, alcune scene, ed oltre ad Enzo Ferrari alcuni celebri piloti.»
«Un altro riuscito particolarmente bene è sul tema jazz che amo molto; sullo stesso tema (ma ero molto più immaturo) tanti anni fa dipinsi il Cotton Club di Cervia ed il Rock’inn Club di Lugo, e certamente tanti altri che ho scordato.
Con lo stesso stile ho realizzato una bella B.B. in vasca nella sala esposizioni di Ballanti.
Uno che mi mette allegria tutte le volte che lo rivedo è nel bar-ristorante Cà del Pozzo, dove riprodussi due simpatici personaggi seduti su una panchina, soggetti da me fotografati pochi mesi prima nel porticciolo di Madeira; nel tempo è stata aggiunta un’altra struttura, su questa ho dipinto due belle ragazze con Vespa e Wolksvagen, completando l’opera.
Nel reparto pediatrico dell’ospedale di Imola riprodussi i disegni raccolti dagli album di mio figlio che al tempo non aveva più di sei anni.
Poi c’è la pensilina della fermata degli autobus dove avevo dipinto con l’aiuto di Pietro gli occhi di una bambina che avevo fotografato in Senegal.
Degni di nota anche gli occhi che dipinsi su una parete rocciosa dopo Castel del Rio, realizzati calandomi in cordata con un amico addetto a corde, imbragature e a reggere vernici, dopo quell’intervento il luogo venne chiamato “la valle degli occhi” ed ha mantenuto quel nome anche ora che non ci sono più.
Poi ci sono le farfalle; sono riuscito a creare un bell’effetto tridimensionale, ne ho dipinte alcune qua e la ed hanno molto successo.
Ultima cosa che cito non è un murale, ma il progetto di sensibilizzazione contro chi getta le cicche di sigarette nei tombini; un progetto che si è concretizzato grazie al Comune che mi ha sponsorizzato le bombolette ed autorizzato a scrivere accanto ai tombini con uno stancil che lì comincia il mare, con aggiunto un pesciolino con la cicca in bocca.»
-Quanti lavori ha realizzato?
«Impossibile saperlo, nemmeno all’incirca, già con la domanda precedente me ne vengono in mente tanti che avevo scordato.
Quasi trenta anni fa stetti a Torino più di tre mesi per dipingere i tre piani di una mega discoteca “L’ultimo Impero”, nei tempi vuoti, visto che i muratori mi precedevano di poco, dipinsi diversi muri dell’hotel che mi ospitava, in cambio dell’alloggio; realizzai un murale in un maneggio di cavalli poco distante; nella pizzeria dove andavo abitualmente scambiai vitto per un murale in camera della figlia del titolare, poi di certo altro che ho scordato, quindi sapere quanti è impossibile.»
-Dove pensi la tua arte si presti meglio?
«Se la definizione di arte è “esprimere sé stessi”, raccontare qualcosa, di certo il mio modo migliore per esprimermi è tramite la scrittura, ho pubblicato due libri e son riuscito a dire molte più cose rispetto ai murales.
Mi sono accorto che dico qualcosa anche attraverso la pittura ma la differenza è che, a differenza della scrittura, lo faccio inconsapevolmente, tramite la scelta del soggetto, dei colori e delle forme, spesso me ne accorgo con meraviglia io stesso a distanza di tempo.»
-Progetti futuri?
«Avevo una cosa da realizzare alla quale tenevo molto, di certo sarebbe diventata la più importante della mia vita: Il comune mi aveva incaricato di dipingere il muro del Tamburello nel parco delle Acque Minerali, con l’aiuto di Pietro e dopo una lunga ricerca di immagini avevo messo a punto un bel progetto, ma poi tutto è misteriosamente evaporato.
Tranne l’intenzione di rinfrescare con l’aiuto di mio figlio i vecchi disegni della Pediatria, altri progetti importanti al momento non ne ho, se avrò tempo andrò in giro per l’Italia a vendere i miei libri, e se troverò da realizzare qualche murale, tanto meglio.»
Non hai lavorato soltanto a Imola: quali sono i luoghi che hai attraversato grazie al tuo lavoro/passione?
«Anche a questa domanda è difficile rispondere perchè sono stato molto in giro a fare mercatini dove dipingevo magliette sul posto, come Pistoia blues e lo vecchie feste di “Cuore” ma molti altri per mezza Italia, ed è capitato di fare qualche murale ma nemmeno ricordo dove.
Sirmione, Fano, Pisa, Rovigo, lungo la via Emilia da Parma a Rimini e Riccione ho fatto qualcosa quasi in tutte le città, molto tra Parma e Reggio Emilia.
All’estero no ho dipinto muri, ma persone si! Allo Sziget festival a Budapest per esempio con i colori da “body-painting” ho dipinto i corpi di centinaia di persone, avevo i colori in tasca ed un pennello infilato nel cappello, dopo i primi disposti a fare da cavia, capitava aver la fila di gente che voleva dei colori addosso (scambiavo con bevuto oppure una offerta libera)»
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