Gira da anni questa voce che all’Osservanza è sempre un po’ più caldo che nel resto della città – dicono – perché si trova all’interno di una conca. Non si muove un filo d’aria. I portoni dei vecchi reparti sono tappezzati del volto di Julian Assange. I muri sgretolati dei padiglioni mostrano quel volto, che appare in diversi colori ma sempre col medesimo stampo che mostra quel visto ancora fresco, senza la distruzione della galera. Nel frattempo si avvicina un ragazzo, spaesato e con evidente accento del nord Europa, domanda: “Scusi, sapete cosa c’era un tempo in queste strutture abbandonate?” .
La signora che è con me lo guarda quasi come un alieno, senza nascondere un timido sorriso – “Era un grande ospedale psichiatrico” – Ma tutte queste case o solo qualcuna?”. “Certo, tutte” – ribatte quella che un tempo era una operatrice proprio là dentro – “E pensa che ce n’era un altro di là” (il Lolli). “Ma come faceva Imola ad avere tutti questi abitanti matti?” – chiede ingenuamente il giovane – “Vedi, questa struttura ospitava tutti gli ammalati della Romagna” – continua la signora, già stremata dal caldo afoso – “Queste mura hanno visto sofferenza, morte, amore. Vedi, in quel reparto là era ospitato un ragazzo che aveva i riccioli come i tuoi, noi gli abbiamo voluto bene. Fu l’ultimo paziente legato al letto dell’Osservanza. Hai presente il Progetto Valerio?” – il ragazzo strabuzza gli occhi – “Il progetto Valerio era l’attuazione della chiusura dei manicomi imolesi messa in campo dal Dott.Ernesto Venturini, chiamato da Ausl Imola nel 1987 per la chiusura definitiva dei manicomi imolesi” – il ragazzo si incuriosisce – “a vedere dal risultato ci è riuscito…” – “Bravo. Dopo 8 anni di lavoro il manicomio è arrivato ad ospitare pazienti zero. Tutti loro erano stati traferiti in delle Comunità Alloggio, dove avevano recuperato la loro dignità di persone. Riuscendo a tornare cittadini all’interno di una società e non oggetti da segregare dentro a delle mura. Molti di loro avevano imparato ad attraversare la strada. Andavano da soli al bar, a far la spesa e in banca.”
“E allora non potevate chiudere prima i manicomi?” – chiede il turista provocatoriamente- “Non è stato un percorso facile e privo di ostacoli. C’erano molte resistenze. Vedi, alla fine ci siamo riusciti. Ma oggi non credere che la malattia mentale sia scomparsa. Pensano che soltanto perché abbiamo chiuso i manicomi sia scomparsa. L’opinione pubblica non vedeva l’ora di accusare i medici per aver chiuso le strutture psichiatriche. Sai che nel 2000……..Va beh, questa è un’altra storia. Non mi va di parlarne. È troppo caldo e inizio ad avere un’età per rammentare cose così dolorose. Continueremo un’altra volta.”
La signora, tutta vestita di bianco, si allontana dopo essersi salutata col ragazzo, che non era mai stato a Imola prima di allora. Lui non sapeva che stava parlando con una delle protagoniste di quell’importante fase per la storia della nostra città.
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