L’associazione “Valori & Vita” ritiene doveroso commentare un post apparso ieri sulla nota pagina facebook “SEI DI IMOLA SE…” nel suddetto post, con corredo di foto, si lamentava “l’assembramento” determinato dallo svolgimento di una messa all’aperto davanti al sagrato di una chiesa della città.

Centinaia di like, sfottò, insulti…commenti irriverenti ai limiti della bestemmia.

Ma già dalle foto postate, si poteva osservare che in realtà la messa era stata celebrata nel rispetto delle norme di distanziamento dovute alla emergenza sanitaria.

Chi poi ha partecipato a quell’evento religioso, (tra l’altro di una certa importanza per i cattolici in quanto apre l’inizio della “settimana santa” che precede la Pasqua ) ha potuto confermare che durante la celebrazione ,come ormai abitualmente avviene , il “servizio d’ordine” avesse scrupolosamente verificato che fosse mantenuto il distanziamento sociale, che i partecipanti si igenizzassero le mani prima di accedere al rito , che la comunione fosse distribuita senza creare assembramento e che il deflusso dei fedeli dalla zona dove si era celebrata la messa avvenisse in maniera ordinata.

Basta scorrere i numerosi commenti al post per evidenziare un feroce pregiudizio, una irriverenza che se oramai non scandalizza più nessuno, è opportuno ricordarlo, nei casi più gravi sfocia in atteggiamenti di odio così plateali e penalmente rilevanti da essere oggetto di attenzione da parte dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa.  E l’esistenza stessa di un simile ente qualche domanda dovrebbe forse suscitarla. Si legge infatti nel rapporto per il 2019 ( fonte ACI STAMPA).

“Sono stati almeno 3000 gli edifici cristiani vandalizzati nel 2019 in Europa, tra chiesa, scuole, cimiteri e monumenti. Una escalation che ha toccato soprattutto la Francia, ma che non manca di avere i suoi picchi in Germania, Belgio, Irlanda, e che lancia un forte campanello di allarme per lo stato della libertà religiosa nel continente europeo.”

Ma al netto di questa allarmante deriva che sembra pervadere il sentire comune della nostra civiltà occidentale, il tenore più diffuso dei commenti era il parallelo (presentato in realtà con non poche ed evidenti forzature) tra la messa (consentita in forza dei DPCM) e le attività di ristorazione all’aperto (non consentite). Chi invocava l’intervento della polizia, chi quello del sindaco. Come se l’evento in se avesse un qualche contorno di illiceità. Illiceità che a ben vedere nemmeno la forza pubblica presente in zona avrebbe rilevato.

Ma forse quello che è utile e costruttivo sottolineare è un atteggiamento di grande insofferenza da parte degli operatori del settore della ristorazione, proprietari di bar, palestre e tutte le altre attività messe letteralmente in gionocchio da un anno di lockdown. Anno che, vista la situazione attuale, a fronte di enormi sacrifici sembra non essere stato affatto sufficiente per avviarci, almeno avviarci, ad una felice conclusione dell’emergenza COVID. E del resto che la rabbia in città sia al limite della sopportazione è evidente dal moltiplicarsi di iniziative spontanee e di comitati di protesta. Si susseguono sulla rete e sui social appelli a rivolte fiscali o “aperture selvagge”. Si chiama in causa lo Stato ma anche l’amministrazione regionale e comunale.

Ma a parere dello scrivente manca a questi sforzi una considerazione che per onestà intellettuale andrebbe posta al centro di ogni dibattito. Essere in semi lockdown alleggerisce il peso sulle strutture sanitarie, è indiscutibile, numeri alla mano. Per allentare le restrizioni imposte in relativa sicurezza occorrebbe una immunità diffusa, una terapia a domicilio efficace e condivisa (tra i medici di base regna l’anarchia), ma se va bene, si parla di mesi…se va bene…Oppure un rigoroso patto sociale su un “rischio condiviso accettabile”.

Saremmo disposti a prenderlo in considerazione?

(Matteo Venturi – Assoc.Valori & Vita)