CANALE DEI MOLINI, IL RICORDO DI PAOLO VISANI SULLA STORIA DELLA MILLENARIA OPERA IDRAULICA DEL NOSTRO TERRITORIO
“Fino all’età di 12 anni abitavo in via degli Orti, in prossimità del canale” – racconta Paolo Visani, apprezzato narratore dei luoghi del nostro territorio – Ho dei bellissimi ricordi di quando in estate insieme ai miei amici si andava a fare il bagno nel canale“
“L’acqua allora era pulita, con dei luoghi dove ci si poteva anche tuffare..E per noi era un divertimento continuo” – aggiunge – “Il Canale dei Molini di Imola è un’opera idraulica millenaria. Prima che sul suo corso fossero installati i mulini il canale fungeva infatti già da idrovia per il trasporto delle merci con piccole imbarcazioni.“
“Molto probabilmente” – prosegue Visani -“il canale è un’opera romana ripristinata nel VI secolo dai monaci Benedettini. Nel suo tracciato a nord di Imola..si innesta..infatti..su quella che un tempo era una chiavica fiancheggiante il cadine massimo..ovvero l’attuale Selice..facendo così parte integrante della centuriazione”
“Fin dalle origini il canale doveva servire a svariati usi” – ricostruisce – “come struttura difensiva dell’abitato di Imola..per bonificare i terreni depressi e paludosi e per la navigazione e per esigenze artigianali e manifatturiere“
“Oggi il Canale parte dal Santerno, 9 km a monte di Imola in località Chiusa. Scorrendo poi quasi parallelo al fiume fino a Imola..dove si separa in due rami..che la circondano, per poi ricongiungersi a valle e proseguire affiancato alla via Selice“
“Attraversa poi Massa Lombarda, San Patrizio, Conselice, Lavezzola per un totale di 40 km. Nel suo lungo viaggio il Canale continua ad adempiere una duplice funzione: industriale e agricola..
“La prima” – rammenta Visani – “è data dal gran numero di mulini da grano (un tempo venti, di cui oggi sedici ancora esistenti) sorti sul canale; la seconda..quella agricola..col passare del tempo ha assunto un ruolo sempre più importante..”
“Oggi il percorso ha acquisito, inoltre, una significativa valenza ambientale e paesaggistica” – conclude – “da un lato per gli edifici di archeologia industriale che si incontrano sul suo percorso (mulini..lavatoi..) come quello di Massa Lombarda oggi utilizzato come cornice di eventi culturali..cartiere..zuccherifici)..dall’altro per il lungo percorso fruibile a piedi o in bicicletta immersi nella natura“.
IMOLA- UN PARCO ACQUATICO PER LE LAVANDAIE -Fino a pochi anni fa le più coraggiose si potevano vedere ancora (di Loretta Strada) da Facebook
Arrivavano in bicicletta, cariche di fagotti e secchi, con gli stivali marroni di gomma già inforcati, che rendevano le pedalate ancora più faticose.
Scaricavano gli indumenti da lavare, il sapone, la spazzola, tutto quello che avevano portato e appoggiavano la bicicletta senza chiuderla, tanto li c’erano solo loro e nessuno avrebbe osato rubare alle lavandaie.
Quando il gruppo era numeroso, si organizzavano lungo i lavatoi in modo che ci fosse posto per tutte e chi aveva i lenzuoli bianchi stava attenta a non mettersi troppo vicino a chi sciacquava i panni colorati.
A seconda delle necessità degli orti, il canale era carico di acqua col livello che toccava o copriva il gradino di cemento dei lavatoi; ma poteva capitare anche che la portata
dell’acqua fosse molto bassa e quindi bisognava scendere nel fondo, stando attente a non sollevare la melma per non intorbidire l’acqua.
Tanta fatica, tanto strofinare e poi giù a risciacquare e ancora battere, sollevare e stringere, fino ad ottenere il bucato più pulito di tutte
Erano soprattutto le nonne a recarsi al canale, alcune portavano i nipoti mentre le figlie erano in fabbrica o in ufficio grazie al boom economico che attraversava da alcuni decenni la nostra città e stava cambiando velocemente le abitudini antiche della loro giovinezza.
Qualcuna cantava ritmando i movimenti, altre raccontavano quello che possiamo immaginare, fatti veri o immaginari tagliati su misura per chiacchierare dietro a chi non c’era. Nessuna si lamentava perché era un momento collettivo di lavoro di cui andare orgogliose e il profumo del bucato, l’acqua limpida, aveva in sè un sapore di festa.
Non avevano età le lavandaie; erano donne robuste, come quelle dei quadri di Margotti.
Si infilavano il grembiulone sopra strati di vestiti consumati dalla fatica, alcune avevano da lavare il bucato delle signore da cui andavano a “ fare i lavori”, altre sciacquavano pochi indumenti come se fosse un momento di vacanza da godersi .
Nei secchi mettevano i vestiti a sbiancare e per togliere le macchie, alcune stendevano lungo i fili i lenzuoli più grandi a sgocciolare per avere meno peso da riportare a casa in bicicletta.
Che profumo di pulito! Profumo senza estratti chimici : purezza dell’acqua limpida, mani ruvide che insaponano, occhi profondi che non si abbassano e gambe stanche che non si lamentano.
Non sappiamo il loro nome, non ricordiamo i loro sguardi.
Non possiamo conoscere le loro storie private eppure le immaginiamo ancora, piegate lungo i lavatoi del canale dei Molini.
Ci tornano in mente le parole delle nostre nonne e riflettiamo su quante cose sono cambiate in questi ultimi decenni, come fossero fonti storiche.
Noi non dovremo più lavare a mano e tante fatiche non servono più grazie alla tecnologia e ai ritmi diversi di oggi.
Questo piccolo mondo antico, qui, tra le sponde dei due canali esiste ancora
Da via Saffi guardate oltre la siepe, seguite il percorso del canale fino al piccolo casotto…
Sembra avere la forma di un utero con le tube e con le ovaie!
Nel mezzo un piccolo prato e i fili da stendere, rimasti alla memoria di un tempo che non deve essere dimenticato ma che non deve tornare.
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