In molti conosceranno Luigi Mongardi, ideatore della pagina “Imola evoluzione della città”, che da molti anni propone immagini storiche della nostra Imola. Tutto cominciò quasi per caso, attorno al 2006, quando Luigi iniziò a scattare foto nello stesso punto esatto in cui erano state realizzate quelle d’epoca in suo possesso. Ottenendo così un caratteristico effetto visivo che scaturì in “Imola Evoluzione della città”, la pagina nata nel 2010 poi specializzatasi nel pubblicare dei veri e propri reperti storici della nostra città, quasi sempre inediti.
Non tutti sanno però che Luigi Mongardi è nato in una cascina che si trovava lungo la discesa della Rivazza. I ricordi sono tanti e la nostalgia di quei tempi è inevitabile.
“Era un altro mondo, la gente non aveva le distrazioni di oggi, quini anche una semplice garetta era di interesse enorme.”
In che modo si vivevano le gare all’epoca?
“Agostini, Pagani Bandirola: ognuno aveva il suo tifoso. Era lo sport per tutta la famiglia. Arrivavano padre, madre, figlio e nonno con i vestiti a festa.”
Luigi, dove si trova la casa che ti ha dato i natali?
“Lungo la discesa, sulla collina. Tra il ristorante e la chicane. La struttura dove ora c’è “il Faro” c’era anche allora ed era il tiro a volo: io abitavo a metà della discesa, per intenderci dove uscì Prost nel ’91 dopo l’acqua di Ighina. Avevamo l’orto fino al fiume, per andare in città utilizzavamo la strada del circuito, scendendo per la Rivazza.”
Non c’era un certo rischio per la sicurezza a rimanere a casa durante le gare?
“Era un altro mondo,una volta una macchina si imbarcò all’altezza del tiro a volo (del ristorante), il vento gli andò sotto l’auto, l’auto sbandò iniziando a volare e toccò i fili della luce. Mentre era in alto uno gli passò sotto. Una pietra finì sul nostro tetto. Ricordo una volta Bandirola che strisciò nel muro di casa nostra. Han ci morì davanti, mentre Hinton all’uscita della Rivazza, finì contro un palo. Adesso è tutto perfetto , allora non era così. 100 mila spettatori facevi conto di ridere. La guerra era finita da poco. I motori per l’epoca erano la fiducia della gente nell’andare avanti. Adesso la F.1 è in tv la guardano in tv, è tutto perfetto, non c’è il fascino di allora, basti pensare che metà dei piloti rompevano.”
Cosa portò te e la tua famiglia a cambiare abitazione?
“Nel ’66 ci fu la grande alluvione e avemmo due metri d’acqua nell’orto. Il tufo non era più coltivabile. E ci spostammo in Via dei colli. È rimasta una casa, che non so come abbia fatto a continuare a stare in piedi là dentro. Poi dove c’era l’orto ci han fatto il paddock. Fa un certo effetto quando penso che dove c’era il mio orto sono venuti il Papa, l’Heineken Jammin Festival e Vasco. C’erano quelli che facevano le tribunette fuori da casa nostra, tutta gente vestita normale in abito da festa. È la zona che negli anni è quella cambiata di più a Imola. La casa l’han buttata giù nl 1980 con l’arrivo della Formula 1, non c’era spazio di fuga sufficiente.”
Com’era l’autodromo prima del suo grande cambiamento?
“Tutti gli anni sessanta si partiva dalla Rivazza e si arrivava alla Tosa a randello: la prima variante è stata fatta all’incirca nel 1970. La nostra casa è andata più volte in mondovisione, si vede chiaramente nella bellissima foto di Riccardo Nediani con Clay Regazzoni che passa di fianco a casa mia.
Chissà se le nuove generazioni sanno cosa significava per voi l’autodromo e le gare..
“I giovani di oggi vedono questi eventi come noi vedevamo la prima guerra mondiale, manca una generazione di mezzo che non ha visto quest’epoca. Qui è uguale, adesso perché i revival fanno fatica? Perchè quelli che erano li avevano vent’anni nel 1975. I piloti di allora hanno 80 anni. Il mondo è cambiato. Allora la gente era quasi sulla pista, ora sei a casa di Dio, all’epoca vedevi in faccia il pilota. La rete era sul filo della strada, tu andando alla rete aggrappandoti con le mani andavi a un metro e mezzo dalla faccia del pilota, cosa impensabile ora. Le moto erano più lente, te le godevi di più.”
Immagino avrai anche ricordi delle corse “clandestine”, quando l’autodromo era aperto.
“Successero cose che hanno dell’incredibile, uno faceva la curva in Lambretta sulla Rivazza andando in su e l’altro la piega andando giù, ci fu un incidente gravissimo per questo motivo. Era come il piga-piga alle Acque. Allora come deterrente misero le sbarre. Uno che non lo sapeva, partì con il GT dell’Alfa, prese la Rivazza al contrario a randello. Prese la sbarra in pieno, la stessa ruotò di 180 gradi e andò a sbattere dall’altra parte. Successe un patatrack. Da non crederci .Per non parlare del piga.piga alle acque. Facevano il tifo. C’erano tutto il sistema d’allarme e quando arrivavano i vigili non succedeva più niente.”
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