LA NASCITA DEL MITO DEL S.DOMENICO ALL’ESPERIENZA A NEW YORK – LA STORIA
E’ il 7 marzo 1970 quando Morini da vita al suo sogno, un ristorante unico pensato per far conoscere al mondo intero la grande cucina italiana tutta imolese. Morini vuole suoi compagni di viaggio personaggi carismatici del calibro dapprima di Nino Bergese, “il re dei cuochi, il cuoco dei re”, poi Valentino Marcattilii, allievo instancabile, chef intuitivo poi formato anche in Francia a New York, al fianco del fratello Natale Marcattilii, caposala fin dai primi tempi e complice di sempre; fino a Massimiliano Mascia, oggi alla guida del ristorante.
Ma tra gli artefici della prima stella Michelin, nel 1973, c’è il poco ricordato Chef Romano Visani: Visani uscirà di scena già nel 1974 per via di alcune incomprensioni.
Morini aveva iniziato l’esperienza San Domenico cominciando a documentarsi sui ristoranti d’Italia e di altri paesi e matura la convinzione di costruire un locale “su misura”; lo fa verso la fine degli anni ’60 nei locali della casa paterna, realizzando un ristorante da venti tavoli, del quale cura tutti i particolari: dalle le pareti ricoperte di tela di lino ai bicchieri di cristallo e i sottopiatti d’argento ai fiori freschi ogni giorno.
Il San Domenico vede scelte gastronomiche che dapprima tendono a contemperare i sapori
della tradizione con la cura e il gusto della cucina di casa. In seguito Morini si rivolge
all’esperienza di Nino Bergese, grande cuoco che vantava una carriera di prestigio nelle cucine di re e potenti italiani e stranieri.
L’idea era quella di dare a tutti la possibilità di conoscere e apprezzare la grande cucina delle
case nobiliari italiane. Il rapporto di Bergese con Valentino Marcattilii, il giovane cuoco che aveva assunto la responsabilità della cucina, era straordinario e l’intesa magnifica e quello che scaturì fu un primo caso in Italia di ristorazione che sdogana il concetto tutto romagnolo di trattoria, a favore di un’esperienza curata e raffinata, che non invidia niente ai cugini francesi.
SAN DOMENICO NY : STORIA DI UNA SFIDA
L’avventura americana del San Domenico rappresenta una parentesi unica nella storia della ristorazione italiana: il sogno, realizzatosi, di esportare per primi negli USA un modello consolidato di alta ristorazione italiana, tutta made in Imola.
Una storia incredibile. Tutto partì per volontà di Tony May, emigrato in America nel 1963. La sua ascesa nella ristorazione newyorkese è unica: inizia come cameriere al Rockfeller Center e dopo appena dieci anni rileva la proprietà del locale. Nel 1986 apre un secondo ristorante a New York e nell’88 quello che diventerà il San Domenico.
L’ASSE CULINARIO IMOLA-NEW YORK , L’INTUIZIONE DI CREMONINI
Tony May non vuole copiare il modello imolese di San Domenico ma bensì esportarlo a tutti gli effetti (staff compreso!) a Manhattan. Diventa una sfida. Una cosa più unica che rara nel mondo della ristorazione. Lo style del locale negli USA dovrà essere fedele a quello di Via Sacchi. Ma Sanzio Cremonini, artefice del progetto del S. Domenico a Imola non viaggia in aereo e non può seguire i lavori al 240 di Central South Park. Da qui l’illuminazione: Cremonini decide di ricreare in un capannone industriale, come in un set cinematografico, totalmente e fedelmente il locale di Imola, utilizzando tutti artigiani italiani per poi impacchettare il tutto e spedire negli Stati Uniti.
LA NASCITA DELLA LEGGENDA
Il successo arriva dopo poco tempo. Il locale attira star del jet set di Hollywood, diventando un punto di riferimento della ristorazione italiana a stelle e strisce. E’ tra i 10 migliori ristoranti italiani negli USA per Wine Spectator e Usa Today”e tra i 25 assoluti migliori d’America. A un mese dall’inaugurazione il “New York Times” gli assegna le tre stelle, riconoscimento mai dato prima a un ristorante italiano. Tra i suoi clienti più frequenti annovera personaggi del calibro Ronald Reagan, Michael Douglas, Anthony Queen, Luciano Pavarotti, Woody Allen, Harrison Ford, Liza Minelli, Baryšnikov, Nurayew e tantissimi altri. Anche il mafioso John Gotti lo prende come punto di riferimento. Il locale appare anche in numerose pellicole di Hollywood.
I PROBLEMI LOGISTICI
La spola tra Imola e gli USA di parte dello staff di cucina produce qualche intoppo nella qualità nel locale sul Santerno agli occhi delle guide. Dura circa un lustro, la spola di Chef Valentino Marcatilli con la Grande Mela. Pertanto, la grande ascesa del “distaccamento” americano del S.Domenico, produce una piccola frenata a quello del Santerno, capace di far togliere la seconda stella dalla Michelin. Stella che venne recuperata quando l’avventura dello staff imolese a New York.
2008 – LA CHIUSURA CON LA CRISI DELLA LEHMAN BROTHERS
Nel 2008 San Domenico NY fu costretto a chiudere per un repentino quanto vertiginoso aumento degli affitti, provocato dal crollo di Lehman Brothers. May non si arrese, e grazie alla sua tenacità e decise di aprire SD26 a Madison Square Park, in quella che stava diventando una piazza “polo della buona cucina”, a pochi metri si trova anche Eataly. Fino alla chiusura del 2015. Tony May decise di vendere la sua ultima creazione a John Doherty, ex executive chef del Waldorf Astoria. Il motivo? Troppa burocrazia.
Post Correlati
Cerca un articolo
Articoli Recenti
- Acque, Legambiente si rivolge ancora alla Soprintendenza
- Alluvione, Imola: al via i lavori in Via Ladello
- FDI: “Basta scaricabarile, serve chiarezza da chi governa il territorio”
- FDI contro il PD “Quell’odg è diffamatorio”
- Imola, il PD presenta odg di condanna al neofascismo profuso da Gioventù Nazionale