Un uomo inattuale. L’ultimo imperatore, ha detto qualcuno. Per raccontarlo, dobbiamo iniziare dalla sua fine: è il 23 luglio del 1993. Palazzo Belgioioso di Milano. Raul Gardini si toglie la vita con un colpo di pistola alla tempia. L’ennesimo suicidio che scuote un Paese travolto dal ciclone dell’inchiesta milanese di Tangentopoli.
Solo dieci anni prima Gardini aveva siglato l’accordo con il Governo per creare Enimont, il più grande polo chimico italiano di tutti i tempi. Ma quell’accordo, che poteva segnare il suo trionfo, per lui si rivela l’inizio della fine. Quella di Raul Gardini è la storia di un imprenditore coraggioso, avventuroso, un giocatore che alza continuamente la posta, lanciandosi in imprese temerarie. Come la scalata alla Montedison. Il Moro di Venezia, la Coppa America, che ne hanno fatto un protagonista, della finanza italiana e non solo.

La mente all’industria, il cuore in Europa

Europeista convinto, Gardini sosteneva la necessità di rendere il Vecchio continente autonomo sotto il profilo alimentare ed energetico. A colpi di acquisizioni e ristrutturazioni, si era messo a giocare al tavolo mondiale della Globalizzazione.

L’INNOVATORE

L’Agricoltura è Chimica

Usare i carboidrati al posto degli idrocarburi è oggi un procedimento scontato. Ma quando Gardini si mise a produrre carburanti, plastica, inchiostri e detergenti da scarti e materie prime agricole, il mondo la pensava diversamente.

IL NAVIGATORE

Il vento e tutto quel che porta con sé

Dalle dolci brezze dell’Adriatico alla furia competitiva della Coppa America, nelle acque del Pacifico. Storia dell’avventura umana e sportiva culminata nel Moro di Venezia, una barca e un team che seppero tenere gli italiani svegli la notte davanti alla tivù.

«Mi piace molto stare dentro agli elementi, nella natura. Soprattutto amo il vento e tutto quel che porta con sé. Mi piace capire da dove arriva: mi serve in barca, mi serve a caccia e negli affari. Devi essere pronto a cambiare rotta, quando cambia il vento».

Raul Gardini era un uomo che conosceva la natura, che aveva assimilato la magie del mare e del vento sulla costa adriatica, respirando quelle atmosfere di grande dinamica emotiva, che possono passare dalla bonaccia totale fatta di seta e nebbia, all’urlo della Bora o le raffiche del Garbino. «Da ragazzo per me il mare era la libertà e ho sempre avuto una spinta verso quella libertà». Per Raul Gardini la vela non era solo una passione quotidiana, da alimentare ogni giorno con nuovi sogni di vittorie e navigazioni, era una compagna di vita. Ha iniziato a uscire in mare come ogni ragazzo di Ravenna e dintorni per vivere ogni estate in simbiosi con la pineta, la spiaggia, i pescatori, il profumo di pesce bianco alla griglia. Le prime rande che issa sono quella dei dinghy, del Finn, la massacrante deriva olimpica che si conduce da soli.

Leo Porcari: “Chi l’ha ucciso? Qualcuno che aveva paura parlasse”

A distanza di 30 anni dalla morte dell’imprenditore però, non sono pochi coloro che pensano che non si sia trattato di suicidio. Tra questi Leo Porcari, ex carabiniere che fu responsabile della sicurezza di Gardini per cinque anni.

In una lunga intervista rilasciata al sito Ravennaedintorni.it, Porcari ha affermato: “Non ha premuto lui il grilletto. (…) È stato un omicidio ma ha fatto comodo a tutti che passasse come suicidio. (…) Chi conosce i fatti sa che si era creato molti nemici. In particolare tre filoni: l’economia, la politica e una parte della famiglia. Quel giorno era noto che sarebbe stato arrestato dalla procura di Milano nell’indagine Mani Pulite e sarebbe stato interrogato dai pm. Il suo avvocato aveva già concordato che poi sarebbe andato ai domiciliari. Erano in tanti che avevano paura di cosa sarebbe andato a raccontare“.