Questa crisi energetica senza precedenti ci sta portando a riflettere sulle modalità alternative per affrontare l’inverno.
Anche noi, popolo del ventunesimo secolo, siamo costretti a reinventarci un nuovo modo per scaldarci e per sfamarci. Riscoprire le vecchie abitudini rurali può aiutarci a comprendere meglio che nulla è scontato; che i vecchi strumenti possono tornarci utili e salvarci in un periodo di emergenza, insegnandoci allo stesso tempo l’importanza dei veri valori della nostra esistenza.
Le vecchie stufe economiche, ad esempio, fino a poco tempo fa snobbate, stanno ritornando nelle nostre case; questo prezioso apparecchio può essere fondamentale; basta un po’ di legna e ci si può scaldare, cucinare ed asciugare i vestiti. Anche se è vietata, in base ad una legge regionale contro l’inquinamento che impone l’utilizzo di mezzi per scaldarsi soltanto di ultima generazione, è apprezzata piu della stufa a pellet (dove resiste una certa speculazione sulle biomasse) assieme al ritorno del camino a legna, “salvavita” per coloro che ne possono avere uno in casa.
Un tempo tutti questi elementi erano i protagonisti imprescindibili della vita contadina, senza il riscaldamento tradizionale e senza l’energia elettrica, una normalità nella campagna italiana fino a metà novecento.

Immaginiamo di tornare alla casa rurale di un tempo: era considerata la ” fabbrica di campagna”. Il centro della vita contadina, il luogo in cui viveva la famiglia patriarcale con le sue regole antiche e indiscutibili, dove si allevavano gli animali, si riponevano le scorte di cibo, si cuoceva il pane, si decidevano affari e matrimoni, si nasceva e si moriva spesso nella stessa stanza e nello stesso letto.
Molto spesso, se il podere era grande, aveva buona terra e aveva resa, era autosufficiente anche durante la fredda stagione: c’era la legna accumulata con cura per cucinare e scaldarsi, la stalla dava il latte e il formaggio, il pollaio uova e carne, il maiale si allevava per gli insaccati e il grasso, i cavoli crescevano nell’orto, erbe commestibili nei campi, fagioli secchi, mele e noci si conservavano nel camerone della dispensa e grano e granturco nei sacchi pronti a trasformarsi in farina.
Poteva anche nevicare in abbondanza, in inverno: si restava in casa davanti al camino, a filare, o ad intrecciare cesti nel tepore della stalla. 

(con la collaborazione di La Campagna Appena Ieri)