Da Casola Valsenio al Donbass per combattere al fianco dell’Ucraina. Sembra incredibile ma Giuseppe Donini, cinquantaduenne originario del piccolo borgo di 2500 anime è tra quei pochi, pochissimi foreign fighter italiani attualmente al fronte. In qualche caso lo fanno per ideologia, in altri per danaro. Non sempre però sono pagati bene. Donini non è un soldato di primo pelo, dal Governo ucraino ha ricevuto la cittadinanza per meriti militari e ormai è un abile e preparato addestratore. Guida mezzi di terra ed è esperto di tattiche difensive e offensive. Da Casola è ormai lontano da 11 anni, nel tempo è diventato un guerrigliero armato fino ai denti, già miliziano e operativo nel Donbass dal 2014: secondo tutti i media italiani, farebbe parte dell’ormai famigerato battaglione Azov.

2015, Donini ritratto nel Battaglione Azov

La formazione militare balzata agli onori della cronaca per avere come stemma il sole nero emblema delle SS, costituito dalla rotazione di una serie di svastiche inscritte in un cerchio.
Il reggimento, che effettua servizi di fanteria leggera e meccanizzata, è composto prevalentemente da volontari provenienti dai movimenti di estrema destra locali oltre che cani sciolti francesi, spagnoli, svedesi e appunto italiani, non sempre riconducibili a questa ideologia, almeno secondo le fonti ucraine.

Sono una ventina i nostri connazionali in Ucraina. Tra questi spicca Donini, uno dei guerriglieri più preparati, secondo quanto si apprende, sebbene non siano ancora chiari gli ulteriori particolari della sua condotta all’interno del battaglione Azov, giá al centro dell’attenzione per le posizioni neonaziste oltre che le accuse di crimini di guerra.

Si descrive “esperto in attività anti-terroristiche”. Vanta un ampio curriculum di miliziano alle spalle ed é considerato un “mercenario”: Opera per un breve periodo a Gulu, in Uganda, nel 2000, poi in Sud Africa nell’unità di addestramento tattico operativo. Infine Ucraina, dal 2014: nel dicembre scorso aveva promesso sui social che se la Russia avesse invaso l’Ucraina sarebbe rientrato al fronte. E cosi è stato. I famigliari del miliziano, che ancora vivono a Casola Valsenio, sono molto preoccupati per il congiunto e si sono chiusi in un comprensibile silenzio, anche perché il soldato casolano ha tagliato ogni collegamento coi social network, dove era sempre stato molto attivo fino a prima del conflitto. È da dicembre che si sa poco o nulla di lui, da quando ha cancellato il profilo Facebook e non ha nessuna intenzione di essere contattato.