È una crescita importante quella che sta intraprendendo l’azienda Florim Ceramiche, che ha in previsione l’ennesima espansione degli stabilimenti, nel territorio di Chiavica (frazione di Mordano), già sede dello comparto principale e già oggetto di una precedente espansione datata 2017. Recentemente l’azienda ha anche investito in una campagna pubblicitaria in televisione, sulle reti mediaset: come si apprende, lo spot è ritenuto dall’azienda:

“Un messaggio che parla di sostenibilità e design: un invito condiviso a pensare a un cambiamento che passa dalle scelte di tutti.​”

È doveroso compiere una premessa, ovvero, che l’importante realtà dà lavoro a molte famiglie del circondario e questo dato non si può certo dimenticare: un’azienda che investe sul territorio (di questi tempi) è di un’importanza fondamentale. Questo però, non dovrebbe frenare gli organi di informazione a compiere il loro lavoro di informare a 360° di quanto accade nella nostra comunità. Dunque, per quale motivo è emerso soltanto recentemente che ci sarebbero dei problemi per la vivibilità dei cittadini della Borgata Chiavica? Per quale motivo, nonostante è da anni che alcuni residenti scrivono ai giornali, quasi tutti gli organi di informazione, fino al 2021, hanno scelto di tacere? In questi giorni il Direttivo regionale di Legambiente, direttamente da Bologna, ha prodotto un lungo dossier su quanto sta succedendo a Chiavica, ponendo degli interessanti quesiti:


Legambiente torna ad esprimere la sua contrarietà all’ulteriore ampliamento della ditta Florim Ceramiche a Mordano, questa volta presentando le proprie osservazioni alla Regione in seguito all’istanza di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) deposta dalla ditta lo scorso dicembre. 

L’associazione pone l’attenzione sul fatto che il progetto aggraverebbe la situazione di vivibilità dei cittadini della frazione di Borgata Chiavica, già resa difficile dal precedente ampliamento (2016-2017). Odori, emissioni di polveri, problemi acustici e di vibrazioni: sono solo alcuni dei disagi conseguenti dalle attività produttive degli stabilimenti che gli abitanti subiscono da anni. 

«Si tratta di un intervento che andrebbe a cementificare ulteriori 44.000 metri quadri di suolo attualmente agricolo, sommandosi al consumo di suolo della precedente espansione – dichiara Legambiente – E questo invece di prendere in considerazione alternative vicine di recupero di strutture industriali dismesse». 

Ma nel progetto non sono state considerate neanche eventuali alternative come l’ottimizzazione degli attuali spazi con stoccaggio in verticale (torre logistica), né soluzioni che implementassero la mobilità elettrica all’interno dell’azienda per ridurre il carico emissivo degli spostamenti interni (come carrelli elevatori e altri mezzi); e non sono state fatte proposte per ridurre le emissioni causate dai trasporti esterni. 

Per compensare l’impatto ambientale dell’ampliamento l’azienda ha proposto la realizzazione di un’area verde di 17.000mq, ma è evidente che un bosco urbano di queste dimensioni non sarebbe assolutamente sufficiente per assorbire CO2 e inquinanti provenienti da un’industria insalubre di prima classe di tale portata. 

«L’autorizzazione all’ampliamento del 2017 si è già rivelata un completo errore – si legge nelle osservazioni dell’associazione – la valutazione ambientale di tale scelta (la VALSAT), che aveva giudicato trascurabili gli impatti del nuovo insediamento, si è dimostrata del tutto infondata e fallace, dimostrando gravi problemi di impatto ambientale non ancora risolti ai quali si sommerebbero quelli derivanti dall’ulteriore aumento produttivo richiesto. La validità dell’autorizzazione rilasciata da ARPAE nel 2017, peraltro, era subordinata al rispetto delle condizioni e prescrizioni in essa contenute. Ben venga un riesame dell’autorizzazione integrata ambientale che ci aspettiamo non possa certo prevedere un incremento delle emissioni ma fornire, a differenza della precedente, adeguate garanzie in termini di contenimento delle stesse, con limiti più stringenti e correlati al contesto e ai disagi vissuti dai cittadini. 

In definitiva, la proposta di VIA dell’azienda rappresenta un passo indietro nel percorso di sostenibilità dell’impianto. Gli sforzi dovrebbero essere indirizzati a risolvere le questioni ancora aperte (vibrazioni, rumore in bassa frequenza, ricaduta polveri, ottimizzazione del funzionamento dei postcombustori per eliminare il problema odorigeno) e non per creare nuovi impianti che aprirebbero scenari di insostenibilità ulteriore.