La storia dell’esercito polacco, del Generale Anders ma soprattutto dell’orso Wojtek colpisce tantissimo ancora oggi, a più di 70 anni di distanza dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale. La dimostrazione che, tra il dolore e la morte possono esistere anche storie incredibili come quella di Wojtek, adottato dall’esercito polacco e diventato un eroe di guerra.

LA STORIA
Nel giugno 1941, dopo l’attacco di Hitler all’Unione Sovietica, le truppe polacche liberate, vennero accolte in Iran e furono suddivise in due reparti destinati rispettivamente in Libano e Palestina, dove avrebbero dato man forte al resto della resistenza polacca. Prima però avrebbero dovuto affrontare una dolorosa marcia attraverso l’aspra catena montuosa che separa Iran e Iraq. Ed è lì che avvenne un incontro curioso: durante il valico i soldati s’imbatterono in un ragazzo curdo che trasportava un cucciolo d’orso in un sacco; la madre del cucciolo, presumibilmente, era stata uccisa dai cacciatori.

WOJTEK

Il piccolo animale era in cattive condizioni, e iniziò a suscitare una forte compassione dei soldati polacchi, che si offrirono di prendersi cura del cucciolo, regalando al bambino cibo, dei dolci e un oggetto che attirò la sua attenzione: un coltellino svizzero con una penna incorporata. Il ragazzino accettò lo scambio e il cucciolo d’orso si diresse in Palestina insieme alla sua nuova famiglia di soldati polacchi. Lungo la strada le sue condizioni di salute migliorarono grazie ai soldati che improvvisavano un biberon da una bottiglia di vodka, con la quale nutrivano l’orsetto con del latte. La sua alimentazione prendeva anche della frutta, miele e sciroppo (e birra).

Quando le truppe raggiunsero le rispettive destinazioni, l’animale aveva già sviluppato un forte legame con le sue inaspettate tate. Wojciech Narebski, l’ufficiale in comando delle forze polacche, rimase piuttosto sorpreso nel vedere l’orso, ormai “adolescente”, tra i suoi nuovi soldati, ma non volle portarlo via. Aveva capito quanto fosse importante per il morale delle truppe: «Era come un cagnolino. Lo nutrivano con una bottiglia come se fosse un neonato, quindi [l’animale] li vedeva come i suoi genitori, si fidava di loro ed era molto amichevole». Come se non bastasse, il cucciolo portava il suo stesso nome: Wojtek, un diminutivo di Wojciech, che significa “guerriero sorridente”.

La presenza di Wojtek nel campo però non piacque a tutti: in quelle zone faceva molto caldo e l’orso non perdeva occasione per rinfrescarsi. Ogni tanto rompeva le scorte di birra, una bevanda per la quale sviluppò una particolare predilezione, e spesso s’intrufolava nelle docce, che imparò a usare lui stesso, causando un forte malcontento tra le altre unità del campo. Alcuni soldati se ne servirono anche per spaventare le nuove reclute, facendo credere loro che l’orso li avrebbe messi a testa in giù e poi mangiati.

L’ARRIVO IN ITALIA

Nel 1944 le truppe polacche furono richieste in Italia: in quel momento il sud della penisola, così come Sardegna e Sicilia, erano in mano agli alleati; la Repubblica di Salò, un residuo fascista sostenuto dai nazisti, manteneva invece il controllo dei territori settentrionali. Una catena di fortificazioni nota come Linea Gustav impediva l’avanzata degli alleati e la sua enclave più strategica era la valle dominata dall’abbazia di Montecassino. Conquistarlo avrebbe rappresentato un enorme passo in avanti, e alla missione venne affidato un cospicuo numero di uomini.

Quando le truppe polacche, accompagnate dal loro inseparabile orso, stavano per imbarcarsi sulla nave che le avrebbe condotte in Italia, si trovarono di fronte a un dilemma: l’esercito britannico infatti non ammetteva animali domestici a bordo. Ma i polacchi, che non volevano separarsi dal loro compagno, trovarono una soluzione ingegnosa: arruolarlo ufficialmente come parte della 22a compagnia di rifornimenti di artiglieria, con la sua documentazione pertinente, il grado – un soldato privato – e persino la sua paga, l’uniforme e la tenda. A quanto pare il britannico incaricato della supervisione delle truppe riteneva che l’iter burocratico fosse risolto e lo lasciò salire a bordo senza ulteriori indugi. Si racconta che abbia dato a Wojtek perfino una pacca sulla spalla per augurargli buona fortuna.

LA LIBERAZIONE E GLI ULTIMI ANNI

Wojtek continuò ad aiutare nel trasporto di rifornimenti fino alla presa di Bologna e di Imola nell’aprile 1945, che avrebbe finito per annullare le ultime sacche di resistenza fascista in Italia. Quando i polacchi transitarono a Imola, alcuni testimoni imolesi videro Wojtek in un giardino all’interno di una villa in località Piratello, durante una sosta prima di ripartire.



Alla fine della guerra molti polacchi decisero di non tornare nel loro paese, rimasto nell’area sovietica, dal momento che mai dimenticarono che l’URSS li aveva invasi. I soldati della 22a compagnia, compreso Wojtek, si trasferirono in Scozia, dove l’orso fu accolto come una celebrità in una grande parata organizzata a Glasgow per ricevere i combattenti.

Quando la compagnia si sciolse, nel 1947, si presentò il problema di trovare una nuova casa anche per Wojtek. I suoi commilitoni si rifiutarono di permettere alle autorità comuniste polacche di riportarlo in patria, così lo zoo di Edimburgo si offrì di accoglierlo. Dopo una giovinezza avventurosa, ad appena cinque anni Wojtek andò in pensione con il grado onorario di tenente.

I suoi compagni d’armi hanno continuato a fargli visita negli anni: gli portavano le sigarette, la birra che gli piaceva tanto, e a volte si intrufolavano nel suo recinto per giocare e litigare con lui proprio come ai vecchi tempi. Wojtek non solo si ricordava di loro, ma riconosceva subito la lingua polacca e salutava con entusiasmo non appena la sentiva pronunciare. Divenne un’icona dello zoo e apparve anche nei programmi della BBC, ma aveva un’aria sempre triste. È possibile che dopo aver trascorso tutta la sua giovinezza nell’esercito, quella vita monotona non gli offrisse alcun incentivo.

Alcuni ex soldati proposero allora di liberarlo nelle foreste della Scozia, ma la legge britannica non lo permetteva. Il veterano più famoso dell’esercito polacco morì nel 1963 all’età di 21 o 22 anni. La sua morte ebbe una grande ripercussione mediatica, gli fu reso onore come un eroe di guerra e gli fu dedicata una targa nel corso di un’emozionante cerimonia alla quale parteciparono molti dei suoi commilitoni.

Nel 2015 scozzesi e polacchi hanno organizzato una raccolta di 300.000 sterline per erigere una statua a West Princes Street Gardens, a Edimburgo. Il monumento è scolpito nel granito delle montagne polacche ed è stato inaugurato da Wojciech Narebski, l’ufficiale che l’aveva accettato nelle sue fila in Palestina anni prima, rendendo possibile la nascita di una leggenda. «Wojtek non è riuscito a tornare in Polonia», disse l’ufficiale, «ma rimarrà per sempre sul suolo polacco».

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