Adesso tocca agli enti.” E’ questo il titolo dello studio che coinvolge l’intero bacino del Lamone, redatto dal Dott. Riccardo Galassi, geologo esperto in idraulica e consulente della commissione d’inchiesta parlamentare sul rischio idrogeologico. Lo studio è stato presentato nella serata del 16 luglio organizzata dal Comitato Progetto Futuro Sicuro di Traversara.


In collina e montagna è fondamentale il “consolidamento delle frane, per evitare la caduta di materiale solido nel fiume” e sull’alveo, va fatta “una risagomatura con aumento della difesa spondale” sul problema atavico della vegetazione va fatta “una campagna di manutenzione adeguata, senza fare macelli ed evitando il famoso business del cippato.” Per la laminazione in montagna “servirebbero laghetti collinari utili anche per l’irrigazione nei periodi secchi” e aumentare la laminazione tramite l’apporto di nuovi torrenti. Ma anche “Dighe in terra di medie dimensioni lungo il corso dei rii minori.” Secondo il geologo, se realizzassimo delle dighe a monte del bacino del Lamone “l’acqua la laminiamo già là, unitamente alle casse di espansione” E sugli argini “rifacendoli e anche allargandoli ma senza fare strettoie”. Tutto ciò che si fa a valle “deve tenere sempre conto della montagna”. In montagna “servono griglie paradetriti che ovviamente vanno mantenute”. E sulle protezioni “con dei gabbioni, che hanno il grosso vantaggio che si deformano in funzione di quello che è il suolo, certo costano, ma solo molto utili.” E fare delle opere di consolidamento “muri di contenimento nei terreni più friabili, su zone dove ci sono frane attive che sai che possono interferire.” Realizzare almeno “due casse di espansione in zona Molino del Rosso e per il Marzeno in zona S.Lucia”. Realizzare nuovi “alvei torrentizi, sia per il Lamone ma anche il Marzeno e l’Acerreta” Per il materiale sabbioso, fangoso e ghiaioso “da asportare quello in eccesso”. Sui fossi, il richiamo al rispetto delle regole polizia rurale esistenti “fossi di scolo adeguati, realizzazione di sistema di scolo facente capo ad un capofosso e profondità di aratura non oltre i 50cm”
Per evitare che gli animali fossori creino delle gallerie negli argini “una campagna di abbattimento per i fossori in eccesso” E sul CER, che si potrebbe sfruttare meglio “perche non mettere delle pompe nelle zone a rischio per pompare eventualmente l’acqua dentro al CER?” E sulle difese spondali “massi ciclopici e non microscopici che alla prima piena vengono portati nel fiume.” E l’opzione canali alternativi “creo degli inviti che corrono dentro al rio principale sia da una parte che dall’altra, in modo che quando arriva la piena l’acqua confluisca anche li dentro. Cosi facciamo in modo che la corrente rallenti.” E sulle competenze “c’è la frammentazione, con ogni progetto che deve passare da tutti gli enti di cui ognuno deve dire la propria per ogni parte di competenza” quindi inevitabili ritardi. E migliorare la protezione civile “ci sono aree di ammassamento andate sott’acqua nelle alluvioni.”

FIUME LAMONE – LE CRITICITÀ

Le criticità del corso d’acqua sono molteplici: dalla montagna in cui il fiume è “franato in piu punti” anche per via “degli alberi che hanno distrutto le sponde“, frane che provocano l’aumento del “trasporto solido dell’acqua generando più problemi a valle”.
Nel tratto collinare le “luci dei ponti insufficienti per piena duecentennale”. La chiusa di Errano già con “la diga ammalorata” .
Mentre in pianura vi è “erosione delle golene, vegetazione secca in argini e sponde. Luci dei ponti insufficienti passaggio piene 200ennali, innalzamento dell’alveo a causa del sedimentare di materiale. E sui ponti Ci sono zone in cui l’impalcato restringe la sezione d’alveo. Spalle del ponte , per risparmiare, fatte più piccole, stringono il fiume, producendo una diga, quindi innalzamento e quindi minor portata.” E il tema delle crepe sugli argini “anche in golene di argini appena risistemati” E sulla vegetazione “per laminare le piene vanno bene le canne” .
A Traversara “la golene sono troppo alte troppo alta” .