Il Gran Premio ha significato per anni il desiderio, per gli appassionati imolesi, di vedere almeno una volta il loro idolo da vicino. Avvicinare un pilota, già all’epoca, non era facilissimo. Si cercava l’autografo o una foto, davanti agli ingressi dell’autodromo ma specialmente davanti agli alberghi.

“Gli appostamenti” davanti agli hotel dove alloggiavano i piloti, a Imola non sono mai mancati. Ora sono altri tempi, dormono quasi tutti nel paddock dentro dorati motorhome. All’epoca le tre-quattro strutture alberghiere di punta, alla sera si riempivano di curiosi.
Si facevano le ore piccole ad attendere il rientro dei piloti dalle prove o dalla cena. In caso sfumasse l’aggancio, si ripiegava sui meccanici, che rimanevano a ‘sbollire’ le fatiche del lavoro nel box davanti ai tavolini dei bar. E allora si faceva la caccia al gadget, magari in cambio di un giro di birre.

Sono ricordi meravigliosi, perché all’epoca, senza i social e cellulari, questi personaggi li si vedeva solo in televisione e sui giornali: sembravano come irraggiungibili. Non c’era l’abuso dei sellaie e un autografo valeva oro. A volta potevi stare sei ore davanti a un hotel andandotene con un pugno di mosche, poi bastava che spuntava una maglia rossa dalla hall che partiva il tam-tam. Se c’era il “codazzo” probabilmente arrivava anche il pilota, sempre che non optava per un ingresso secondario come spesso accadeva.

1996, primo anno di Michael Schumacher alla Ferrari. Era in sella ad una bici da corsa e si era fatto una vasca in Via Graziadei. Nessuno lo riconobbe, fino a quando un bambino si accorse che era lui. Si sparse il tam-tam, in pochi seconda si erano già radunate cento persone attorno al grande campione, amatissimo a Imola. Nel ’99, lungo la pista ciclabili della Pedagna est, sulla sella di una graziellina sgangherata sedeva un tipo vestito tutto di giallo, firmato Benson and Hedges, main sponsor della Jordan. Tutti potevano pensare si trattasse di un semplice meccanico, invece era Sir Eddie Jordan che andava “alla gara” in bici, dal Donatello, tagliando dagli stradelli della Pedagna. Anche nel 2006, due ragazzini si trovarono a due centimetri da Schumacher, nella hall del Molino Rosso. Fu una sera strana, l’interesse per la Formula 1 sembrava scemare. Davanti all’hotel non c’era nessuno. Schumacher se ne andava da solo in camera, concentratissimo per la gara dell’indomani, mentre Felipe Massa rimase un’ora coi ragazzi davanti all’hotel a far chiacchiere al bar. Sono tanti gli aneddoti dell’epoca, come Jean Alesi, altro pilota amatissimo in Emilia, fermo al semaforo di Viale Dante a bordo di una Lancia Delta Integrale rosso fiammante. Fernando Alonso fare jogging in Via Molino Rosso, Jacques Villeneuve col motorhome sempre all’Hotel Olimpia, i meccanici Williams alticci al bar 2000 a cantare canzoni italiane. A Castel San Pietro si andava a “caccia” dei piloti McLaren, che hanno sempre alloggiato lì. Poi col tempo la sicurezza fuori dagli alberghi aumento: i piloti andavano a cena al San Domenico o invitati a qualche serata di beneficenza, al rientro magari non avevano molta voglia di firmare autografi, stanchi dalle prove e sotto stress per la gara. E quindi bisognava ‘eludere’ la sicurezza, ma se ti trovavano nella hall erano guai . Ci si doveva mimetizzare coi clienti e andare a cena nel ristorante dell’albergo, allora sí che potevi avere un ‘incontro ravvicinato’, due chiacchiere e un autografo.
Anche Heinz-Harald Frentzen era molto disponibile, un tedesco festaiolo che non disdegnava mai due chiacchiere o una battuta.